Quanto ci manca Rosa Balistreri. L’immensa Rosa che con la sua voce e la sua chitarra non la mandava mai a dire. Chissà cosa penserebbe dei potenti di oggi e soprattutto dei poveri cristi del nuovo millennio. Chissà con quale forza griderebbe contro le stragi dei migranti, contro il razzismo dilagante e contro il nuovo fascismo. Proprio lei che era una rossa. “Conosco il mondo e le sue ingiustizie, sono certa che prima o poi anche i poveri, gli indifesi, gli onesti avranno un po’ di pace terrena”. Il suo impegno politico – attraverso i testi delle sue canzoni – le procurò non pochi ostacoli nel corso della sua lunga carriera. Come nel 1973, quando la sua canzone “Terra ca nun senti” fu esclusa dal XXIII Festival di Sanremo. Il brano non era inedito, dissero. Ma per Rosa la spiegazione andava cercata altrove: “Sono una rossa, un tipo pericoloso per il sistema, temevano che ne combinassi qualcuna delle mie, che dicessi davanti a 30 milioni di telespettatori qualche frase scottante, cioè vera”. “Non sono una cantante, sono un’attivista che fa comizi con la chitarra”. Ne era convinta Rosa: nel 1973 Sanremo le chiuse le porte in faccia a causa del suo forte impegno politico e sociale a favore dei più deboli. A distanza di 46 anni e 46 edizioni del Festival, oggi, molto probabilmente, accadrebbe la stessa cosa.
Franco Cascio
in La lettera scarlatta
E Rosa Balistrieri non andò a Sanremo
Rosa Balistrieri
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