Chi si può permettere un medley de «le mie canzoni più brutte»? Solo il golden boy della nostra musica leggera. Ci mette dentro anche «Belinda» che pure fu un successo discografico nel 1969 ma che onestamente proprio un capolavoro non è. Lui canta anche – naturalmente – le sue canzoni più belle, fa uno straordinario omaggio all’amico Lucio, un altro ad Endrigo, un altro ancora agli Oscar che hanno scritto per lui (da Morricone a Bacalov), esalta Curreri con una commossa interpretazione di «Chiedi chi erano i Beatles», con un piglio ancora militante (passatemi il termine obsoleto) imbraccia la chitarra per «C’era un ragazzo…» e «Un mondo d’amore». Così racconta la sua vita, Gianni Morandi, che è anche un po’ la nostra, quella dell’ultimo mezzo secolo e anche più. Imperdibili gli aneddoti delle trasferte del Bologna dei tifosi Dalla e Morandi. Così come l’imitazione di Mogol (un clone). Quasi tre ore di musica e chiacchiere. Più che un golden boy, a 75 anni suonati, è un iron man. Gli sia concesso il privilegio, stavolta, di lavorare a due passi da casa, nella sua Bologna, città di portici e buona cucina, nel “suo” teatro (vi debuttò nei primissimi ‘60) anch’esso protetto da un portico, saremo noi per una volta ad andarlo a trovare, questo ragazzo che prende in giro l’anagrafe e scherza sugli acciacchi. Doveva cantare dal primo novembre ai primi di gennaio, Morandi, date sparse qui e lì sul calendario perché il Duse ha la sua stagione di prosa da mandare avanti. Ma si son messi l’acqua dentro, come diciamo noi, e adesso stanno programmando le date almeno fino a marzo perché le richieste arrivano da tutta Italia e lo storico teatrone bolognese ha solo 999 posti. La gente ha ancora voglia di vederlo e di ascoltarlo, il ragazzo di Monghidoro il cui sogno più grande era la corriera che lo portava giù, nella città dei portici e della buona cucina. Perché vuole rivedere e riascoltare una storia comune. La canzone che apre lo show gliel’ha scritta suo nipote, Paolo Antonacci. Come dire che le storie – la sua, la nostra – ci girano intorno. Proprio come le canzoni.
Totò Rizzo
in La lettera scarlatta
E Morandi va anche se la canzone non va
gianni morandi
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