Giovanna Volo, ufficialmente assessore regionale alla Sanità, è per Renato Schifani una sorta di divinità. Poco importa che appaia o non appaia, che accetti o meno di conversare con quei settanta nullafacenti dell’Ars che ogni tanto – debbono pure ammazzare il tempo – le rivolgono un’interrogazione o una interpellanza. L’importante che lei stia nell’olimpo di piazza Ottavio Ziino, che impedisca ad altri di occupare quel posto e che consenta al viceré Schifani di fare le sue scorribande clientelari nelle Asp e negli ospedali. Giovanna Volo è, per il presidente della Regione feudale di Sicilia, la Dea dell’Abbondanza. Gli garantisce un’immensa quantità di poltrone, di incarichi e di consulenze che lui poi distribuisce – a suo piacimento e senza alcun rischio: se c’è errore paga lei – tra i clienti, gli amici e i parenti del suo cerchio magico.
Questa malsana architettura di potere va avanti da un anno e mezzo. Con l’assenso, il silenzio e la complicità di tutti i soggetti politici, di maggioranza e di opposizione. Ma oggi, improvvisamente, la cupola di omertà si è spezzata. Perché Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l’Autonomia, ha toccato per la prima volta l’intoccabile divinità di Schifani: la Volo, appunto; un assessore perfettamente inutile per la Sicilia e la salute dei siciliani, ma perfettamente funzionale alle ambizioni, ai capricci e ai rancori di Palazzo d’Orleans. “La Sanità – ha pontificato il leader dell’Mpa in un’intervista a Repubblica – ha bisogno oggi più che mai di uomini e donne che sappiano dire di no. Schifani trovi una personalità di alto livello morale e professionale per dirigere il settore. Ammesso che se ne trovino”.
Certo, l’intervista è infarcita di messaggi cifrati, di avvertimenti, persino di denunce: “Vedo che si afferma la smania ad etichettare tutto e tutti”, continua Lombardo. “Capita che un direttore di grande esperienza vada a casa perché non ha sponsor politici. Talvolta, come a Ragusa, uno stimato direttore deve fare le valigie perché non gradito al deputato che deve imporre i suoi ‘yesman’. O magari ‘yeswoman’”. A chi si riferisce? Alla tresca tra un deputato e una donna in carriera? “Penso di essere stato chiaro”, risponde il leader catanese, dopo avere lanciato la pesante allusione. “Ritengo che quanto accaduto sia un abuso intollerabile. Confido che sarà riferito al presidente e conto che egli vorrà rimediare alla défaillance”.
Lombardo è sempre Lombardo: ha recapitato, a mezzo stampa, il suo avvertimento a Schifani e ora aspetta un regolamento di conti. Lui appartiene alle forze di maggioranza. Ha nella giunta di Palazzo d’Orleans, come assessore ai rifiuti e all’energia, un suo fedelissimo, Roberto Di Mauro. Per le elezioni europee di giugno si è speso per Forza Italia, addirittura sbracciandosi per Caterina Chinnici, la professionista dell’antimafia tanto cara al segretario nazionale Antonio Tajani. Eppure Schifani continua a trattarlo con sufficienza, quasi con fastidio: gli riserva, insomma, lo stesso trattamento che i padroni delle terre riservano a un campiere inquieto.
Ma oggi il vecchio e terragno campiere venuto da Grammichele è sbottato. E, in un raro momento di orgoglio e resilienza, ha toccato l’intoccabile. Che Sant’Agata lo aiuti.