E’ un Pd sempre più grillino. E’ evidente come il partito di Nicola Zingaretti, una volta messo piede al governo, abbia ripiegato sempre più frequentemente sulle posizioni del Movimento 5 Stelle. E da lì non sia più tornato indietro. Ha ceduto sulla riduzione del numero dei parlamentari; non sta interferendo più di tanto sui decreti sicurezza (che portano in calce la firma di Salvini, ma non solo la sua); ha fatto un passo indietro su quota 100; ha sposato la riforma Bonafede sulla prescrizione, preferendo non tornare alla legge Orlando (il suo attuale vicesegretario); e si è arreso all’evidenza pure sul reddito di cittadinanza, che nell’asset governativo solo Italia Viva è rimasta a contrastare.
Insomma: ha fatto di tutto per non turbare i sogni di gloria del Movimento 5 Stelle e forse paga ancora lo scotto di essere arrivato un filino dopo – al termine dell’esperienza del governo gialloverde – dalle parti di Palazzo Chigi. Per entrarci ha dovuto bussare ed entrare di soppiatto: se non puoi battere il nemico fattelo amico (meglio, se al governo del Paese). Il Pd oggi è la copia sbiadita del partito che fu di Grillo, sebbene lo surclassi nei sondaggi. Anche se – questo sì – all’epoca dell’inciucio è riuscito a strappare un numero tale di poltrone (ministri e sottogoverno) che un po’ di tregua era necessaria. Ma qui si sta addirittura prolungando. E più che tregua, sembra arrivato il momento dei brindisi in allegria.
Che i “dem” stiano cedendo tessuto e ingrossando l’ego dei Cinque Stelle – un partito che a livello locale è stato soppiantato sia in Calabria che in Emilia Romagna – è verosimile anche nelle Regioni. Dove Zingaretti sta tirando la volata ai rivali di sempre, ieri odiatissimi e oggi diventati amici per la pelle. Alle prossime elezioni campane, infatti, il Pd potrebbe sacrificare il governatore in carica, Antonio De Luca (odiatissimo dai grillini), e sposare la causa del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, pur di fare squadra con Di Maio; in Liguria sembrerebbe già aver ceduto sul nome pentastellato Ferruccio Sansa, un giornalista del Fatto Quotidiano, che ha trascorso gli ultimi anni ad additare colpe ai governanti del Pd per la situazione attuale della sua Regione. Solo in Puglia fa un distinguo e si tiene stretto Michele Emiliano: una scelta che ha fatto scappare tutti gli altri – da Calenda a Renzi – compreso il M5s. Troppo poco per dimostrare di non essere diventati succubi.