Per favore non mostrate a Renato Schifani, il reuccio di tutte le Sicilie, la foto scattata dentro il Duomo di Milano nel giorno dei funerali di Stato, celebrati in gloria e memoria di Silvio Berlusconi. E soprattutto non ditegli che il suo posto a sedere era due file di banchi più indietro rispetto a quello di Gianfranco Miccichè, il suo incubo delle notti, il suo callido e irredimibile nemico. Fate finta di niente. Non sottolineate lo sfregio stigmatizzato da quella foto, non insinuate il dubbio che lui è costretto a stare in piedi per farsi notare, mentre Miccichè, come tutti gli altri, sta comodamente seduto e per giunta, due file più avanti. Evitategli uno scatto d’ira o un travaso di bile. Usate, se potete, dei pannicelli caldi. Inventatevi dettagli, anche non veri, ma fate in modo che lui possa contenere la sua rabbia e la sua stizza, il suo rancore e i suoi livori. Ditegli che Sergio Mattarella voleva saltare da una navata all’altra pur di avere il privilegio di stringergli la mano, manco fosse un parente stretto del morto; ditegli che Giorgia Meloni e Antonio Tajani, incolonnati con Matteo Salvini e Ignazio La Russa, non vedevano l’ora di baciargli la pantofola; e ditegli pure che i cinque figli di Berlusconi erano tutti lì, in fila per uno, pronti a unirsi a lui per cantare insieme il “Te Deum laudamus”. Raccontategli bugie, frottole, mezze verità. Millantate di avere avuto informazioni segrete dalla Real Casa e, già che ci siete, giocate d’azzardo e affermate pure, senza paura di smentita, che Marta Fascina, la sposa muta del Cavaliere, non sceglierà, per il governo di Forza Italia, gli amici della porta accanto ma gli amici degli amici.
Insomma, rassicuratelo. Altrimenti lui – che è un tipo permaloso, sospettoso, malmostoso – finirà per meditare una ripicca, una vendetta, una tremenda vendetta: convocherà una conferenza stampa e darà urbi et orbi la notizia di avere fondato, con Gianfranco Cancelleri e Caterina Chinnici, il “Partito delle Controvedove di Berlusconi”.