Due o tre domande sulla candidatura dell’ex pm Scarpinato

È una vecchia storia, sin dai tempi di Tangentopoli. Ma come gran parte delle vecchie storie oscilla tra il diventare evergreen e lo scadere nella rottura di palle.

Oggetto: candidatura di Roberto Scarpinato in politica coi 5 Stelle.

Uno dice, vabbè almeno si fa avanti uno onesto, uno che ha combattuto la mafia, che ha cercato di svelare i legami tra cosche e potere istituzionale. Giusto. Ma non vi suona un campanellino? Non vi sembra che questa narrazione sia troppo bella per essere definitiva.

Se non vi suona un bel niente, pensate a quanto sarebbe facile trovare l’elisir di lunga vita nella storia istituzionale della nostra repubblica. Basterebbe scegliere persone di specchiata onestà, possibilmente acculturate (e Scarpinato è uno coltissimo avendo scritto quasi più su Micromega e su giornali di buon livello che sulle vili cartacce giudiziarie) per ottenere il massimo dei risultati: uno Stato nelle mani giuste.

A quelli a cui il campanellino è suonato, adesso, però viene spontanea una domanda: esistono mani giuste? Garantite? La risposta è semplice: no.

Esistono però dei cardini sui quali sviluppare visioni giuste.

Il paragone di un candidato con l’altro in virtù di assonanze di cronaca o, ancora peggio, di populismi via web tipo quelli che oppongono manettari a perdonisti (due categorie orribili, viste da vicino) è un tipico errore di prospettiva che toglie alla politica l’unica sua prerogativa esclusiva: quella di saper promettere un po’ meno di quel crede di mantenere, nel rispetto di buon senso e coerenza.

Il che ci rimanda al concetto di esperienza. Sappiamo tutti com’è finito l’arrembaggio dei cittadini al potere, dell’incompetenza elevata a pregio, dell’essere nulla per essere tutto.

Quante cazzate.

Il Movimento 5 Stelle per come era stato immaginato in principio, in una pericolosa miscela di fandonie organizzate e ignoranza coordinata, è stato un capitolo grottesco che ha prodotto, negli ultimi anni, il peggiore dei danni dopo l’illusione del “miracolo italiano” di Berlusconi: un paese virtuale con amministratori virtuali e incultura reale elevata a Nuova Rivelazione Democratica.

Ecco, Scarpinato almeno non è uno che crede alle scie chimiche o ai chip sottopelle, tanto per restare a suoi illustri colleghi di partito.

Però è uno che dice di candidarsi contro il ritorno di patti tra Stato e mafia, cioè facendosi portatore di tesi più che vacillanti sul fronte giudiziario (e io non sono tra i negazionisti in tal senso).

Non me ne fotte niente della specializzazione di Scarpinato in una materia che non dovrà più amministrare lui – perché sarà pensionato – ma mi interessa sapere della sua tolleranza nei confronti di chi non la pensa come lui, della sua visione politica al di là del suo citare morti illustri qua e là, del suo programma sociale.

Magari a partire da una domanda che pongo sommessamente: cosa ne pensa Scarpinato dei suoi colleghi (alcuni amici?) autori del depistaggio per la strage Borsellino? Che intende fare a parte riflettere a favore di telecamera?

(tratto da Facebook)

Gery Palazzotto per Il Foglio :

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