Aeroporto di Linate, Milano, otto di mattina. Sul volo Ita per Roma salgono alla spicciolata due vicepremier, un ex ministro degli Esteri che fa ancora per poco l’inviato Uenel Golfo e un’ex ministra. Eccoli tutti insieme divisi da pochi posti: Matteo Salvini e Antonio Tajani, i tenori rissosi del governo; Luigi Di Maio, che fu leader del M5s ma anche ministro degli Esteri prima di Tajani nonché gemello diverso di Salvini ai tempi gialloverdi. E poi Mariastella Gelmini, ex big di Forza Italia, già draghiana, eletta con Azione e ora in maggioranza via Maurizio Lupi. L’aereo più pazzo del mondo, governi stratificati come la città di Troia. I quattro si sono salutati fra loro per cortesia, prima di rificcarsi con la testa sugli schermi dei cellulari. La giornata è iniziata così.
Atterrati a Roma, Salvini e Tajani si dirigeranno, a bordo di auto diverse, all’Auditorium della Conciliazione per l’assemblea Generale di Alis (associazione che riunisce e rappresenta oltre 2.300 imprese del mondo della logistica intermodale e sostenibile). Siccome i due in sala non si degneranno di uno sguardo le agenzie di stampa faranno notare la cosa. Dettaglio malizioso che non deve
essere andato giù a Giorgia Meloni. La premier in pubblico continua a sminuire i contrasti tra Lega e Forza Italia, in privato organizza a casa apericene di maggioranza, tuttavia sembra essere stanca – “me so’ scocciata” – di questo andazzo, seppur fisiologico. Sarà dunque abbastanza rivelatrice la nota congiunta dei vicepremier che per smentire “alcune ricostruzioni” precisa che i due “hanno
viaggiato insieme sul volo Milano- Roma delle 8 di oggi e come sempre si sono salutati e parlati con cordialità”. Peccato che subito ecco le motivazioni della Consulta sull’Autonomia, sulla legge che dovrà ritornare in Parlamento dopo essere stata fatta sostanzialmente a fettine. Ecco dunque Tajani esultante pronto a sottolineare il bisogno di correzioni, ma senza fretta perché c’è tempo fino al 2027 perché le priorità ora sono altre, a partire dalla giustizia. E l’altro, Salvini, che invece dà ragione al ministro leghista Roberto Calderoli sulla giusta strada intrapresa. Sullo sfondo c’è una forza, il Carroccio, che si è rattrappita e ritirata al nord e l’altra, Forza Italia, che nel meridione conta ancora un più che discreto bacino di voti e amministratori (Sicilia, Calabria, Molise, Basilicata).
In questa disfida interviene Giorgia Meloni a modo suo: si scopre infatti che la premier ha tenuto per sé la delega per il Sud. Continua su ilfoglio.it