Ma, francamente, ce lo vedete un presidente della Regione, nelle sue funzioni di assessore alla Salute ad interim, organizzare la ri-riconversione (la ripetizione del prefisso è voluta) dei reparti Covid in reparti ordinari? Il buon Musumeci in queste ore ha altro a cui pensare. La visita del ministro Carfagna, il ritorno in giunta di Razza, compattare la maggioranza e ricandidarsi a palazzo d’Orleans. Quello che turba i siciliani, però, è il fatto di dover assistere al collasso dei pronto soccorso palermitani, nonostante il numero dei pazienti col virus sia calato drasticamente. Ieri erano “appena” 93 i ricoverati in Terapia intensiva, a fronte di 668 ricoverati “comuni”. Da lunedì mattina, però, le ambulanze sono state costrette a lunghe attese di fronte ai presidi ospedalieri – dal Civico a Villa Sofia – in attesa che si liberassero dei posti letto per i degenti che sono tornati – anzi, tornerebbero – ad affollare le corsie coi malanni di sempre. Che non c’azzeccano col Covid.
Sembra di rivivere, con la garanzia di esserci lasciati alle spalle i mesi più duri, le medesime condizioni dell’autunno scorso, quando l’impennata della curva – nonostante le rassicurazioni di Razza, allora assessore – costrinse le Asp a ridisegnare il puzzle dei reparti ospedalieri, cancellandone o depotenziandone alcuni, per garantire cure immediate a chi avesse contratto il virus. La nuova transizione, invece, procede a passo di lumaca. In alcuni pronto soccorso, come ad esempio al Civico, il sovraffollamento ha raggiunto vette dell’800%. Una cosa inammissibile. Da qui l’ennesima conferma che, al netto delle abilità di medici e operatori del settore, la sanità sia ben altra cosa rispetto al modello d’efficienza che, sulla scorta dei numeri degli ultimi mesi (gli ospedali sono riusciti a reggere per il rotto della cuffia e i morti sono stati meno che altrove), c’era stata presentata.
Le opposizioni, ormai da qualche settimana, hanno chiesto a Musumeci di dare garanzie sulla gestione della pandemia e della post-pandemia, ma il presidente, per gli impegni di cui sopra, non ha mai presenziato in commissione, tanto meno a Sala d’Ercole. Ha mandato Mario La Rocca, dirigente ad interim del Dasoe (il dipartimento Attività sanitarie), preferendo altri palcoscenici. Ma ora come non mai, per dimostrare di essere affini – coi fatti – al concetto di ‘ripartenza’, bisognerebbe essere presenti. Dare un cenno di fronte alle numerose difficoltà che continuano ad avvolgere il nostro sistema sanitario. Partendo, appunto, dalla ri-riconversione dei reparti, già invocata dal deputato regionale del Pd, Antonello Cracolici: “Ho chiesto in commissione sanità che si avvii urgentemente un piano di ripristino dei reparti ospedalieri in grado di garantire una offerta sanitaria per tutte le patologie no Covid. Tutto ciò – ha dichiarato l’ex assessore di Crocetta – non soltanto perché fortunatamente si sta fortemente ridimensionando il numero di ricoverati Covid, ma anche grazie alla vaccinazione che ridurrà il rischio di ospedalizzazione nel prossimo futuro. Ecco perché ora è possibile organizzare il nostro sistema ospedaliero facendo convivere i reparti ospedalieri sia per i no Covid che per gli affetti da Coronavirus, garantendo i percorsi differenziati. Tutto ciò anche al fine di superare i cosiddetti ospedali Covid esclusivi in tutte le città della Sicilia”.
Una dichiarazione di normalità che la Regione sembra aver recepito in parte, e solo un paio di sere fa, quando Mario La Rocca ha fatto partire una lettera “per riorganizzare alcuni ospedali di Palermo, Catania e Messina. A Palermo saranno riconvertite due divisioni di medicina interna con 48 posti, al Cervello 20 posti di medicina interna e gastroenterologia e altri 60 posti al Cimino di Termini Imerese”. Dal sindacato dei medici del Cimo, quelli che chiedono il ritorno di Razza, è giunta però una replica polemica: “Dovevano pensarci prima. Siamo in emergenza da una settimana”, ha detto Angelo Collodoro, il segretario regionale. Anche i Cinque Stelle si sono adirati: “Quello che sta succedendo nei pronto soccorso siciliani è inaccettabile: ambulanze in fila, sale d’attesa sovraffollate e pazienti anche nei corridoi. La sanità no-Covid è al collasso, Musumeci renda immediatamente noto e operativo, sempre che ce l’abbia, il piano di riconversione degli ospedali, ora che il virus sta finalmente allentando la presa. Purtroppo non ci sembra che ci si stia muovendo con lucidità e con la giusta tempistica in questa direzione, e la mancanza di un assessore a tempo pieno non giova certamente”.
In effetti, a corredo della pandemia, rimangono numerose questioni aperte. Nessuno dimentica le tremila assunzioni per fronteggiare il Covid, tanto meno gli interventi di edilizia sanitaria che – con la regia di Tuccio D’Urso e il co-finanziamento statale per 240 milioni – vogliono cambiare volto alle infrastrutture ospedaliere nei prossimi anni. Ma bisognerebbe dare un’occhiata a quello che accade “nel frattempo”. Come la questione aperta dell’ospedale di Caltagirone, dove da venerdì manifesta il sindacato degli infermieri, oltre a deputati di diversa appartenenza, per il taglio al personale e per il rischio (paventato) di chiusura del reparto di Cardiologia. E’ un esempio calzante, dal momento che Caltagirone è amministrata dal partito del governatore: cioè aumenta la portata delle negligenze. “La cosa più assurda – ha scritto in una nota Nello Dipasquale, deputato del Pd è che le carenze gestionali e di personale nelle strutture sanitarie arrivano in un momento complicatissimo dal punto di vista dell’assistenza al malato, cioè quello di una grave pandemia, e per il quale i governi hanno stanziato ingenti risorse proprio per reperire medici, infermieri e quant’altro possa essere utile per offrire risposte efficienti alle richieste di cure della cittadinanza. Musumeci e Razza, nonostante le risorse disponibili, hanno brillato per immobilismo salvo favorire, forse, alcune realtà politicamente vicine all’area di governo”.
Ma anche sul fronte Covid, sarebbe sbagliato deporre le armi adesso. Per esempio: da un paio di giorni la campagna di vaccinazione ha subito una brusca frenata a causa del rifiuto – ormai netto, sfrontato, intollerabile – dei cittadini di farsi inoculare AstraZeneca. Tutti vogliono Pfizer, che per il momento è finito: con le fiale rimaste non si riesce ad assicurare nemmeno i richiami e molta gente, negli hub, è stata rispedita a casa. In tutto questo – direte – che la politica non c’entra nulla. Ma una più attenta campagna di comunicazione – non solo con la foto di Musumeci che si fa inoculare il vaccino di Oxford – avrebbe potuto fare breccia nei più riottosi. Nemmeno gli Open Day hanno fatto breccia. Per fortuna fra oggi e l’inizio di giugno arriveranno abbastanza dosi Pfizer da soddisfare tutti, altrimenti rischieremmo il baratro. Anche perché la Regione, fin qui, non è riuscita ad attivare i canali secondari di somministrazione: i medici di famiglia, con cui Musumeci ha avuto spesso da ridire; le farmacie, che ancora attendono l’ok nonostante l’accordo nazionale sottoscritto a fine marzo (e mai attuato in Sicilia); le aziende e i distretti produttivi, dove si sperava di trasferire la campagna vaccinale per permettere di smaltire in fretta tutto il personale dipendente. Il protocollo sottoscritto da Confindustria e Confapi non è mai diventato operativo.
Ma la vicenda dei medici di famiglia, che avrebbe permesso di decentrare le operazioni, raggiungendo a casa i malati o gli ultraottantenni, segna il punto più basso di questa campagna. “Il pieno coinvolgimento dei medici di famiglia, previsto dalle nuove linee guida del commissario nazionale Covid Figliuolo – ha detto, ieri, il capogruppo dem, Giuseppe Lupo – è l’unica strada possibile per completare la campagna di vaccinazione delle persone anziane o particolarmente fragili. Il presidente Musumeci, che si ostina a svolgere part time il ruolo di assessore alla Salute, informi il parlamento regionale su come intende applicare le nuove linee guida nazionali per rendere capillare la campagna di immunizzazione”. L’iniziativa ‘Proteggi te e i nonni’, in parte encomiabile per il coinvolgimento dei giovani, va esattamente nella direzione opposta, puntando a far spostare gli anziani verso gli hub.
Il fallimento del concetto di medicina territoriale, che per le verità è stato molto sollecitato durante questi mesi: basti vedere come si sono mosse le Usca, con tutte le difficoltà del caso, per recarsi a casa dei pazienti Covid a eseguire il tampone molecolare. Molti sono rimasti in quarantena più di 50 giorni, pur non manifestando sintomi. Senza la dovuta avvertenza che al termine del periodo di tre settimane avrebbero potuto fare richiesta di liberatoria, perché non più contagiosi. Sempre le Usca, inoltre, hanno faticato a ricostruire il cosiddetto tracciamento per risalire ai focolai. Solo di recente la situazione è molto migliorata, complice la diminuzione dei nuovi positivi. Sui test antigenici, inoltre, è nato un contenzioso coi laboratori privati per il prezzo imposto di 15 euro. Mito sfatato dai tribunali.
Un’altra questione l’ha sollevata qualche giorno fa Carmelo Pullara, già direttore amministrativo dell’Arnas-Civico, oggi parlamentare regionale di Onda: “In commissione ho suggerito di far diventare la Regione apri-pista in Italia, per effettuare il test sierologico, in una fase antecedente e successiva alla vaccinazione. Da qualche giorno apprendo che la Regione ha avviato l’indagine immunologica gratuita “Segui il Vaccino” per 60 mila persone under-65 che si sottoporranno al vaccino, presso l’Hub Fiera del Mediterraneo di Palermo, per monitorare lo sviluppo di anticorpi nell’arco di un anno. Sostanzialmente, quanto avevo auspicato. Ma purtroppo, l’applicazione pratica non è, secondo me, né di buon senso, né di reale contrasto. Infatti, mi chiedo e chiedo, che senso ha iniziare questo monitoraggio dagli ultimi vaccinati anziché dai primi e, in particolar modo, dai soggetti vulnerabili e dal personale sanitario, che peraltro è più esposto?”.
Inoltre – questo è certamente un deficit della politica – gli operatori sanitari e del Seus 118, che avrebbero dovuto ottenere un bonus da mille euro per tre mensilità per il loro impegno in prima linea contro la pandemia (misura inserita nella Finanziaria di cartone 2020), si vedranno riconoscere la seconda tranche solo a giugno. Questa rassegna, certamente incompleta, basta a dimostrare che non tutto è andato, o sta andando, per il meglio. Il virus in parte ci ha graziato. Speriamo, almeno, di averci guadagnato in esperienza.
Mozione all’Ars di Pd, Cinque Stelle e Fava
“La Sicilia tra le ultime regioni per numero complessivo di dosi di vaccino somministrate e per percentuale di vaccini somministrati per classi di età, con una disorganizzazione cronica, l’impoverimento dell’offerta sanitaria nelle comunità periferiche, l’assenza di un assessore regionale alla Salute e la totale mancanza di confronto tra il parlamento e il governo regionale. La Sanità siciliana è un disastro, Musumeci ne risponda immediatamente”. E’ la sintesi del contenuto di una mozione depositata in queste ore all’Assemblea Regionale Siciliana che porta le firme del capogruppo del Movimento 5 Stelle Giovanni Di Caro, di quello del Partito Democratico Giuseppe Lupo e ancora di quello de i Cento Passi Claudio Fava, oltre che dei deputati M5S e Pd. La mozione impegna il governo regionale a risolvere le criticità che riguardano la gestione del sistema sanitario in Sicilia.
“Tanto sono gravi i ritardi accumulati dalla Regione nella gestione ed organizzazione della campagna di vaccinazione – scrivono i deputati – che migliaia di dosi di vaccini sono state trasferite ad altre regioni, prima che scadessero, stessa sorte è toccata a migliaia di kit diagnostici lasciati scadere per il loro mancato utilizzo. Tali sono i ritardi e la disorganizzazione nella somministrazione dei vaccini – si legge ancora nella mozione – che il Commissario Straordinario per l’emergenza epidemiologica del governo Conte invierà in Sicilia ‘squadre sanitarie militari’ per accelerare le operazioni di vaccinazione”.
“Al palo – recita l’atto parlamentare – è anche la terapia con gli anticorpi monoclonali, mentre i ritardi e la disorganizzazione che si registrano nella gestione dell’emergenza sanitaria provocano conseguenze negative e difficoltà anche sul corretto funzionamento della sanità ordinaria. La Sicilia ha bisogno di un assessore alla Salute che si confronti con l’ARS e con le Istituzioni nazionali, che sia altamente qualificato e che si dedichi ad affrontare le attuali e gravissime criticità sanitarie a tempo pieno e, soprattutto, in questa delicata fase dell’emergenza sanitaria legata all’epidemia Covid-19, con una presenza continua ed ininterrotta per affrontare le innumerevoli problematiche giornaliere”.
“Musumeci – sottolineano i deputati – si prenda le sue responsabilità. Disponga ad esempio il pieno coinvolgimento nella campagna di vaccinazione dei medici di medicina generale secondo le nuove linee guida adottate dal Commissario covid Figliuolo. Dica chiaramente quali sono le attività e i risultati delle strutture commissariali nelle tre aree metropolitane, qual è lo stato dell’organizzazione ed efficienza della Rete dell’emergenza-urgenza e delle Reti tempo dipendenti e più in generale quale è lo stato di attuazione della Legge regionale sul riordino del Servizio Sanitario Regionale e quella sull’adeguamento della rete ospedaliera” – concludono.