Dategli un nastro, delle forbici e vi solleverà il mondo. Ieri Renato Schifani, assieme all’assessore Aricò, s’è precipitato sulla A19, tra gli svincoli di Buonfornello e Scillato, per la riapertura di alcuni viadotti (2,8 km di percorso). Quella è l’autostrada per la quale l’hanno incoronato commissario. Il giorno prima, sempre a Palermo, aveva tenuto a battesimo il raddoppio del disastrato Ponte Corleone: otto corsie, non più quattro, che dovrebbero vedere la luce entro il 2026. Ormai non serve neppure la posa della prima pietra: basta indossare l’abito buono per le cerimonie, presentarsi in conferenza stampa, illustrare progetti e stanziamenti (17 milioni in questo caso) e affidarsi alla speranza.
In questa fase di campagna elettorale, poi, paga tantissimo. Sempre meglio che occuparsi delle cose serie. Ad esempio le annunciate dimissioni di Andrea Peria da sovrintendente dell’Orchestra Sinfonica siciliana, dove era stato nominato nemmeno un anno fa. Sono passati mesi affinché qualcuno – l’Ufficio legale della Regione – appurasse la sua incompatibilità sulla scorta di una legge approvata dall’Ars nel 2012. Peria, l’uomo buono per tutte le stagioni (prima era con Micciché, è transitato con Schifani alla vigilia della campagna elettorale del 2022), è anche uno dei pochi con il titolo d’accesso – tuttora valido – al “cerchio magico” del governatore. E infatti, facendosi beffe della legge di cui sopra, era rimasto al contempo sia ai vertici della Foss, che del Corecom, cioè l’organismo siciliano di vigilanza sulla par condicio. Accorgendosi che questa eccezione era troppo anche per lui, aveva spiegato – cuore nobile! – di voler rinunciare alle indennità. Non sarebbe bastato.
Anche in queste ore frenetiche che hanno portato il (quasi ex) ex sovrintendente a dimettersi, restano degli interrogativi: data la sua acclarata “incompatibilità”, gli permetteranno i revisori dei conti di approvare il bilancio 2023, se anche questo rischia di diventare illegittimo? E soprattutto, data la condizione di partenza sancita dalla lettera dell’Avvocato Giovanni Bologna (che esclude la “possibilità di esercitare qualunque altro incarico e di percepire qualsivoglia altro compenso diverso da quello connesso allo svolgimento dell’incarico di sovrintendente”), Peria non dovrebbe restituire i compensi percepiti per evitare un danno all’erario? Anche la Sinfonica, durante questi mesi, è risultata esposta: non potendo godere di finanziamenti regionali (come previsto dalla norma del 2012, il contributo è stato “congelato”) si sarà affidata a dei creditori che vanno ripagati con gli interessi. Ma soprattutto c’è un dubbio che assilla gli addetti ai lavori: pare che la lettera dell’avvocatura sia stata inizialmente secretata, per poi essere resa pubblica: come mai?
L’addio di Peria resta comunque subordinato all’accettazione delle sue dimissioni da parte del Cda. Una situazione imbarazzante, che dovrebbe suscitare rossore a Palazzo d’Orleans e nel governo tutto. Schifani, che sull’episodio non ha mai proferito verbo, avrebbe consigliato al suo uomo di mantenere un profilo basso per evitare l’eco degli scandali. Ma neppure gli assessori all’Economia e al Turismo, nei mesi scorsi, hanno sollecitato un rapido esito della vertenza, nonostante la richiesta pressante dei revisori dei conti prima e del presidente del Cda Gaetano Cuccio (che è arrivato anche a dimettersi) poi. Insomma, hanno rimestato la brodaglia finché s’è reso necessario trovare una exit strategy.
Ricorda, sebbene parzialmente, la nomina di Tommaso Dragotto – un altro prescelto di Schifani – alla guida dell’Irfis. Che durò pochissimo. Ci si accorse, infatti, che non tutte le carte erano apposto e che Dragotto, a differenza di quanto dichiarato, aveva in corso un procedimento giudiziario per smaltimento illecito di rifiuti. La retromarcia fu rovinosa, e la toppa peggiore del buco: “È stata una banale dimenticanza – disse l’imprenditore a Live Sicilia -. Si figuri se avrei potuto mentire alla Regione e al presidente Schifani”. Fatto sta che le dimissioni arrivarono in fretta e furia e alla guida della banca della Regione venne nominata Iolanda Riolo.
Un’altra vicenda tutt’altro che chiusa riguarda i manager della sanità. Nessuno trova più il coraggio o la forza di parlarne. Fatto sta che la mancata ratifica di scelte già fatte dal governo, e accolte dalla prima commissione dell’Ars con una procedura di silenzio/assenso strumentale e disgustosa (specie dopo aver chiesto una corposa integrazione documentale e aver appurato le scarse competenze di alcuni manager), ancora oggi si ripercuote sulla sanità. Gli attuali commissari non sono in grado di pianificare gli interventi a tre anni, ma nemmeno di risolvere i problemi già esistenti. Possono fare soltanto ordinaria amministrazione, ma talvolta sono così impreparati da non riuscirci.
Valga un esempio per tutti: quello dell’Asp di Palermo che, nonostante i solleciti dell’assessorato, non riesce a scucire un euro in favore dei privati convenzionati, che da mesi attendono la liquidazione dei pagamenti per le prestazioni erogate. Tutto perché alla guida rimane Daniela Faraoni, e come suo braccio destro Amalia Colajanni, che sta coprendo di ridicolo il settore economico finanziario della suddetta Azienda. Se Schifani si fosse degnato di intervenire, a Palermo e altrove, basandosi davvero sul merito e le competenze (anziché sui desiderata dei partiti), le scelte dei manager sarebbero state diverse e, possibilmente, già tutte approvate. Invece siamo alla farsa, come denunciato soltanto un paio di giorni fa dal parlamentare regionale del Pd, Mario Giambona: “C’è un cambio di opinione sui nominativi dei commissari? È stata riscontrata qualche anomalia nella procedura? Siamo in una fase talmente importante sulle opere infrastrutturali che la sanità non può rimanere precaria, è indispensabile che si mettano alla guida delle figure autorevoli. Se ci sono dei problemi sulla nomina dei direttori generali il presidente della Regione Renato Schifani venga all’Ars a dirlo”.
Schifani l’aula la vede col binocolo. E a meno di inaugurazioni, ne rimarrà alla larga fino a dopo le Europee. Nel frattempo, però, dovrebbe occuparsi di individuare assieme alla Lega il sostituto di Sammartino, finito in un polverone per l’indagine della procura di Catania e per l’accusa di corruzione aggravata. Il deputato etneo attende di conoscere l’esito del ricorso al Riesame, che dovrebbe giungere entro maggio: ma fino ad allora la Sicilia potrà permettersi di rimanere senza un assessore all’Agricoltura? Fermi un attimo: Schifani ha assunto le deleghe ad interim, ma con tutti i cantieri da inaugurare e le presentazioni da fare – metteteci pure l’impegno in campagna elettorale per garantire un ritorno di voti a FI – sarà mai in grado di gestire un settore che già è vittima dei morsi della siccità? Riuscirà a sacrificare un pezzetto del proprio orticello di potere per venire incontro alle esigenze dei siciliani? Riuscirà a scegliere qualcuno che vada oltre i confini del proprio “cerchio magico”? Insomma, riuscirà una buona volta a governare?