Incontro Giuseppe proprio sotto il murale di Franco Franchi. Giuseppe ha un dente solo, entrando a destra. Lo chiamano “curriola” per il suo passato nei “lavoretti” edili di quartiere.
Le piacciono questi murales Giuseppe?
“Sì, sono belli”.
Riqualificano un po’ un’area dimenticata secondo lei?
“Signora, poi se ne dimenticano di nuovo” (sorride il suo unico dente). Vede… Qui non è più come prima. Prima restava tutto sempre uguale, ora tutto cambia e niente cambia. La mattina ti alzi e qualcuno non c’è più o hanno smontato qualcosa… Prima i colori, i profumi, persino le cassette di legno al mercato profumavano; ora tra i banconi c’è sempre qualcosa di cinese, di finto che odora di canfora… Ma questi disegni sono belli, sa perché? Perché io ora me ne vado a letto e domani non cambia niente restano qui. Saranno sempre qui, uguali. Sono un po’ nostri, non sono della città… Anche Franco Franchi è nostro. Franco Franchi viene dal fango che crede? Aveva solo le mutande quando era qui”.
Hanno parlato della bellezza dei murales, una bellezza che contrasta il degrado dell’ambiente circostante…
“Lo chiamano degrado? Ma il grado è stato sempre uguale signora mia. Non siamo mai degradati, sempre fermi siamo stati. Allo stesso grado. Anzi. La vede tutta questa gente che fotografa? I turisti? La nostra povertà è folclore. La nostra povertà diverte le loro vacanze. Loro si fanno le foto accanto all’immondizia, alle porte divelte, ai bambini sporchi che giocano con le gomme delle auto; come fanno quelli che vanno in Africa a farsi le foto accanto ai bambini neri ma poi la sera tornano in hotel…”.
Ma i murales rivelano che Ballarò ha una voglia di riprendersi, di recuperare la sua anima di quartiere popolare…
“Lo sente questo odore signora mia? Odore di pasta col sugo. Le vede le persiane chiuse con i lucchetti e le televisioni accese? Le nostre vite, la mia e la sua, sono treni su binari paralleli. Qui stendere la biancheria è un’arte, la vera arte del quartiere, tra la frittura e l’agrodolce. I murales ci fanno sentire importanti ma non mi cambiano la giornata. È che quando ci danno queste cose noi ci sentiamo importanti e diventiamo “pieghevoli”. Vede quella croce? Quella accanto alla faccia di Franchi? Dicevano che era una finestra ma è una croce. Io da quando c’è quella croce non guadagno più. Che ne so perché. Porta male. Mi sento morto. È una condanna. Potevano mettere la faccia di Ciccio invece, così tornavano insieme. Franco Franchi quando era qui aveva solo le mutande e la gentilezza. Era gentile pure con i cani che incontrava”.
Sta per piovere, la ringrazio signor Giuseppe. Speriamo che piova tanto che la città si deve lavare
“Sì. Speriamo. Tanto gliel’ho detto: i murales non se ne vanno, restano lì. Come il quartiere signora, si bagna ma non si lava (sorride il suo unico dente…)”.