La mancata parifica del rendiconto della Regione è “un fatto più unico che raro”. Eppure, chi ha elaborato lo strumento finanziario – bocciato in due tranche: prima della Consulta e poi dalla Corte dei Conti – siede ancora alla destra del padre. Si tratta di Gaetano Armao, ex assessore all’Economia del governo Musumeci e tuttora influente consigliere di Renato Schifani. Che dopo avergli assegnato la mansione di “esperto”, con uno stipendio da 60 mila euro l’anno, per occuparsi di fondi e questioni extraregionali, ha fatto in modo che venisse scelto come presidente del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) che si occupa del rilascio delle autorizzazioni ambientali. Il decreto di nomina portava (però) la firma dell’assessore al Territorio e Ambiente, Elena Pagana.

Armao è rientrato nelle grazie di Schifani nonostante una campagna elettorale da avversario, da esponente del Terzo Polo (in quota Calenda). E’ stato reintrodotto a Palazzo d’Orleans dal capo di gabinetto, Salvatore Sammartano, e si è insediato come se nulla fosse. In questi giorni, però, i magistrati contabili gli stanno rinfacciando le numerose scempiaggini lasciate in eredità al povero Falcone. Che qualche giorno fa, a margine della mancata parifica del rendiconto 2020, asseriva sicuro: “La decisione della Corte dei Conti inerente a una fase finanziaria risalente ormai a un quinquennio fa (…) non avrà conseguenze sulla tenuta finanziaria della Regione. Se è vero che il disavanzo al 2018 andava ripianato non in dieci ma in tre anni, è vero anche che la Regione, da allora ad oggi, ha posto in essere tutti i necessari correttivi e guarda ai propri conti con maggiore serenità”. Non è del tutto vero.

Piccolo ma fondamentale riepilogo. La Corte dei Conti, l’anno scorso, aveva sospeso la parifica, chiedendo alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità del decreto legislativo n. 158 che, nel 2019, garantì alla Sicilia di poter spalmare un disavanzo monstre (circa 1,4 miliardi) in dieci anni, anziché nei tre definiti dalle norme di armonizzazione contabile. Qualche mese fa la Consulta si è pronunciata, bocciando il decreto legislativo, anche se la Regione si era già tirata fuori dall’impaccio, procedendo alla stipula di un nuovo accordo con lo Stato (stavolta sancito da una legge di rango superiore). La Corte dei Conti, recepito il pronunciamento della Consulta, ha provveduto a non parificare il rendiconto 2020, palesando gli errori macroscopici sotto il profilo contabile e giuridico. Ad approfondirli è stato, ieri, il Procuratore generale della Corte dei Conti, Pino Zingale.

Intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario (cui Schifani, impegnato a Roma per il congresso di Forza Italia, non era presente), Zingale ha spiegato che la mancata parifica “non mancherà di avere serie conseguenze sugli esercizi successivi. Appare evidente che per un certo periodo la Regione ha speso somme delle quali non aveva la giuridica disponibilità, dovendole, invece, destinare al ripiano del disavanzo”, ha sostenuto il Pg nella sua relazione. Avere cristallizzato “una fattispecie di mala gestio delle finanze regionali” ha affermato il magistrato, “impone a questa Procura i necessari accertamenti al fine di verificare la sussistenza o meno di eventuali responsabilità amministrative connesse alla constatata artificiosa dilatazione del potere di spesa”.

La Regione, in pratica, ha speso soldi non propri. E in quegli anni, di soldi, ne ha spesi parecchi: basti pensare alle numerose iniziative messe in atto dall’assessorato al Turismo, a valere su risorse extraregionali, per finanziare ingenti campagne di comunicazione – il plafond si è gonfiato fino a 23,8 milioni – legate a SeeSicily (anche quelle finite nel mirino della Procura della Corte dei Conti e della Procura di Palermo, oltre che della commissione Regio dell’UE). Saranno mica gli stessi soldi che andavano ‘congelati’? Come avviene nei casi retrattivi di mala gestio, difficilmente i responsabili saranno chiamati in causa o invitati a dimettersi dai ruoli che attualmente ricoprono. E nonostante la “decisione, fatto più unico che raro nel panorama nazionale, di non parifica”, Armao anche stavolta la sfangherà.

Lui ha già voltato pagina. E’ tornato inquilino di un palazzo che Schifani, forse improvvidamente, gli ha concesso di riprendere a frequentare. Si muove da vicepresidente “occulto”. Per occuparsi, fra l’altro, di ripartizione di fondi europei e mettendo il naso – è assodato dalle cronache – negli schemi di massima che a breve la Regione consegnerà al Ministro per il Sud, Raffaele Fitto, per ricavarne il nuovo Accordo di Coesione. Sarà anche e soprattutto Armao a definire come la Sicilia spenderà nei prossimi anni una valanga di miliardi (al netto dei soldi già impegnati per la realizzazione del Ponte sullo Stretto e dei due termovalorizzatori). Saranno lui e gli altri esperti in programmazione (non Falcone, a cui la delega è stata “scippata”), a riempire di contenuti le dodici macroaree che il governo s’è impegnato a finanziare con la nuova dotazione messa a disposizione da Bruxelles. Saranno sempre loro a far finta che il passato non esiste, e che vanno elargite nuove speranze (o illusioni) ai posteri. Gli stessi che si ritroveranno sulle spalle un macigno da pagare – lo Stato ha concesso di recente la spalmatura del deficit in otto anni – a causa delle furbizie di una classe politica che non demorde.

Per non farci mancare nulla, Zingale ha sottolineato – nella speranza che qualcuno lo ascolti – anche altre criticità da cui dipende la vita presente e futura di questa Regione. Magari nell’ottica di una riqualificazione della spesa che Roma pretende in cambio di nuovi benefici: “Sul piano sia delle indagini avviate che dei giudizi incardinati – ha detto nella sua relazione il Procuratore generale della Corte dei Conti – continua a registrarsi, come negli anni passati, un numero significativo di illeciti presso il variegato mondo degli enti regionali, incluse le società partecipate, che sia a livello regionale che di enti locali in molti casi rappresentano una delle cause principali determinanti la criticità dell’intera gestione finanziaria del socio pubblico e della tenuta dei conti”. Vuoi vedere che esistono ancora i carrozzoni? O anche questi, con buona pace di Falcone, non avranno alcuna ricaduta sullo stato finanziario dell’ente? Per eventuali ragguagli, rivolgersi all’esperto.