Le voci su una “clausola di salvaguardia” che prevede la presenza di Ruggero Razza nel prossimo governo Schifani, confermate dal quotidiano ‘La Sicilia’, hanno innescato due conseguenze prevedibili: l’ira di Gianfranco Micciché, che ha ufficializzato di non volersi trasferire a Roma, al Senato, “manco morto”; e la replica compassata, come il personaggio, di Renato Schifani, che ha tentato immediatamente di rasserenare il clima: “Non ha ancora aperto il dossier che riguarda la formazione della giunta”, ha scritto il suo portavoce. Difficile a credersi. Il nuovo governatore della Regione, che in questi primi giorni dal suo insediamento sta affrontando le emergenze (come gli alluvionati del Trapanese, o la protesta dei sindaci delle isole minori), attende l’esito delle 48 sezioni rimaste in sospeso e la proclamazione dei 70 eletti all’Assemblea Regionale. Ma è impensabile che in queste settimane di stallo, condite da numerosi incontri bilaterali coi partiti, non abbia messo a punto una strategia che parte (anche) dai nomi.
Galeotto, per lui, fu l’appuntamento del 15 settembre, in piena campagna elettorale, quando Ruggero Razza lo chiamò per suggellare cinque anni di grandi risultati in materia di sanità. Non solo Schifani si presentò al cospetto di medici e dirigenti, assiepati in platea; ma baciò la pantofola di Musumeci e riempì di complimenti Razza, promettendo a quest’ultimo che sarebbe stato consultato prima della scelta del suo successore. Da quel momento l’ex assessore alla Salute non ha mai mollato la presa, sfoderando una vena social insolita. Poi le voci sono diventate, via via, più insistenti: fino all’articolo apparso ieri su ‘La Sicilia’ che parla, appunto, di una “clausola di salvaguardia” (vistata da Via della Scrofa, la sede romana di Fratelli d’Italia) per richiamare Razza al governo. “Valida anche in caso della nomina dell’ex governatore a ministro”, si legge nell’articolo di Mario Barresi, con riferimento alla possibilità che Musumeci ricopra il ruolo di sottosegretario con delega al Mezzogiorno.
Segno che su Razza, per interposta persona (ma l’elenco di ricompense per il mancato bis di Musumeci è infinito), esiste una convergenza a tutti i livelli. Da Roma in giù. Anche se Schifani sa perfettamente che è improponibile (ri)piazzarlo alla Sanità, delega richiesta a gran voce da Forza Italia. Potrebbe trasferirlo semmai alle Infrastrutture, scalzando l’altro pretendente Marco Falcone. Ad ogni modo l’ultimo avamposto del sistema di potere musumeciano, che si era defilato a tal punto da non candidarsi nemmeno per un seggio all’Ars (la moglie Elena Pagana nel collegio di Enna ha fatto flop), potrebbe reggere comunque. Con o senza voti. La sua conferma sarebbe la prova provata delle inclinazioni del nuovo governo: che seppur retto, formalmente, da un uomo di Forza Italia, vedrebbe il proprio baricentro spostato a destra. In maniera quasi irreversibile.
Nelle richieste al neo presidente, infatti, FdI spinge per avere la presidenza dell’Ars (che sarà appannaggio di uno fra Aricò, Galvagno e Assenza) e quattro assessorati di peso. Un atteggiamento che ha finito per irrigidire Micciché e condizionarne le mosse. L’ex presidente di Sala d’Ercole, che fino a 48 ore fa aveva sventolato l’ulivo della pace, non ha alcuna intenzione di soccombere di fronte alle spie musumeciane e di lasciare campo libero ai suoi rivali interni: “A Roma non ci vado manco morto, resto a Palermo”, sono le parole consegnate al sito IlSicilia.it e subito rilanciate sui social da alcuni componenti del suo staff. Una presa di posizione non ancora definitiva, ma netta. Rafforzata da una frase utile a marcare il territorio: “Con Schifani fino alla morte, rispetto a lui non esistono alternative. E poi siamo dello stesso partito”, ha aggiunto Micciché. Che infatti è rimasto ai margini dalle trattative per la vicepresidenza del Senato e per il ruolo di capogruppo parlamentare.
Lo staff del governatore ha capito che la situazione rischiava di precipitare, e ha provato a metterci una pezza: “Si precisa che il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, in questa fase, è impegnato nella gestione delle attuali emergenze e, per questo motivo, non ha ancora aperto il dossier che riguarda la formazione della giunta regionale di governo – si legge in una nota del suo portavoce -. A tempo opportuno, soltanto dopo la proclamazione degli eletti, prenderà in esame il fascicolo in questione. Le ricostruzioni riportate sono frutto di pura fantasia e tendono strumentalmente a destabilizzare una fase delicata come quella che prelude alla costituzione di una giunta di alto livello”. Sarà pure colpa dei giornalisti, ai quali Schifani chiede di informare “attraverso notizie fondate e serie”, ma sulla formazione del prossimo governo e sui rapporti di forza tra i partiti – che sono litigiosi a livello locale e nazionale – aleggia un clima di sfiducia e fortissima insofferenza.
Rafforzato dalla contesa su un altro assessorato cardine: quello al Turismo. Che Fratelli d’Italia, dopo l’esperienza “dispendiosa” di Manlio Messina, non ha alcuna intenzione di cedere. E che invece, come la Sanità, rientra fra le prerogative di Forza Italia. Schifani, su richiesta dei meloniani, potrebbe accordarlo a Gaetano Galvagno, se non dovesse ottenere la promozione a presidente dell’Ars.
Il turismo resta strategico per lo sviluppo della Sicilia, ma negli ultimi anni la delega è stata gestita da Messina in maniera spregiudicata. L’assessore “Spendi e Spandi”, come l’hanno ribattezzato nei corridoi di Palazzo dei Normanni, ha imbastito una ragnatela di contatti personali – a partire da quelli con il gruppo Rcs Sport di Urbano Cairo – che hanno finito per indirizzare i contributi pubblici – il portafogli di questo assessorato è ampio e assai variegato – nelle tasche dei soliti noti. Ne è un esempio la manifestazione “Gazzetta Sports Awards SeeSicily”, che si svolgerà oggi al Parco archeologico di Segesta e fa da preludio alla tre giorni di sport e spettacolo organizzata da Rcs Sports & Events in partnership con la Regione e con il patrocinio del Comune di Palermo. E’ il seguito (l’ultimo atto?) di una serie di appuntamenti che hanno privilegiato le solite lobby del Nord e che fanno parte di un sistema di potere fin qui inespugnabile: che va dalla Gazzetta dello Sport a Mediaset, dove Messina è stato ospite surreale di alcune trasmissioni in prime time. Altro che la sanità: lo scontro si è spostato sui capestri.