“Se serve un presidente di minoranza, che sia in grado di trattare e confrontarsi con l’Assemblea regionale, ci sono qua io. Gli altri candidati non saprebbero come fare”. Sembra una premessa democristiana. In realtà è Nuccio Di Paola che si porta avanti. Il candidato dei Cinque Stelle, erede “meno noto” di Giancarlo Cancelleri, si concede ai giornalisti dopo aver visitato uno storico frantoio di Chiaramonte Gulfi che “completa l’intero ciclo, dalla raccolta all’imbottigliamento. Serve un contributo da 25 mila euro ai giovani che tentano di fare impresa in Sicilia”. Nei giorni scorsi ha girato le piazze con Giuseppe Conte, e gli è bastato per cancellare dalla sua mente i sondaggi che lo davano tra l’8 e il 12%: “I numeri sono totalmente diversi da quelli delle rivelazioni commissionate, per altro, da candidati alla presidenza – afferma il deputato gelese -. Anche chi dice di rappresentare il nuovo, e in realtà è nelle istituzioni da anni, il 26 sera avrà grosse sorprese”.
Di Paola all’inizio non lo nomina, ma l’identikit corrisponde a quello di Cateno De Luca. E’ con l’ex sindaco di Messina, secondo favorito del seeding, che si confrontano i 5 Stelle. Scateno parla alla pancia dei siciliani, come i grillini cinque anni fa. Solo in modo più volgare. Ma Di Paola rifiuta l’accostamento a Grillo: “A me sembra una brutta copia di Crocetta, che infatti ha già confermato di rivedersi in lui. E i siciliani sanno benissimo cos’è accaduto durante il governo Crocetta, o no? Lo stallo più totale”. Il candidato a palazzo d’Orleans allontana i paragoni scomodi e prova a giocare la sua partita. Di strategia: “Credo che alla Sicilia non serva un cantante, o chi trascorre il proprio tempo ad insultare. Bensì un presidente che si confronti: senza una maggioranza all’Ars, è finalmente giunto il momento in cui si tornerà a fare politica, a spendere meglio i fondi del Pnrr e a ridurre il gap con le regioni del Nord. Cosa che negli ultimi vent’anni è mancata”.
Si ritorna dritti alla convinzione iniziale. Che in effetti è la più quotata. Chiunque vinca – compreso Schifani – non avrà i numeri per governare. Dovrà cercare la maggioranza in aula. A quel punto sarà un M5s di lotta o di governo? “L’abbiamo dimostrato a Roma, completando l’80 per cento del nostro programma. Anche in Sicilia presenteremo un programma ai siciliani e cercheremo di realizzarlo con tutte le nostre forze. Certo, stando all’opposizione è più difficile”. Insomma, l’intento è collaborare. “Ma l’unico modo per incidere davvero nella prossima legislatura è che il presidente di minoranza sia io. Ho maturato la giusta esperienza e ho contezza di cosa rappresenti il parlamento. In questa legislatura abbiamo messo in minoranza il governo Musumeci – insiste Di Paola -, portando avanti le proposte con la nostra testa, e confrontandoci con gli altri partiti d’opposizione per metterle in atto. Noi facciamo del dialogo la prima arma per risollevare i destini della Sicilia, mentre Crocetta e Musumeci erano totalmente scollegati dalla realtà”.
Anche se molti amici si sono persi per strada. Col Pd, fedele compagno di viaggio all’Ars, non c’è più nulla da spartire: “Noi fino all’ultimo abbiamo cercato di difendere l’alleanza, ma Letta cercava soltanto di intercettare il consenso del M5s per poi marginalizzarlo. E’ accaduto a Roma e stava per accadere in Sicilia: al Pd interessavano soltanto i nostri voti, non la nostra visione di Sicilia. I dirigenti dem hanno sbagliato tutto negli ultimi due mesi, e ne avranno la conferma nelle urne”.
Il M5s aveva la possibilità di dimostrare che il suo destino elettorale non dipende soltanto dal Reddito di cittadinanza (“che resta una misura necessaria”) e dalla questione morale, eppure è su questi due aspetti che continua a focalizzarsi per raccattare voti. “Noi andiamo oltre la questione morale – avverte subito Di Paola -. Infatti stiamo chiedendo ai siciliani da chi vorrebbero far gestire i soldi del Pnrr nei prossimi cinque anni. Se da noi, che ci approcciamo alla politica in maniera nuova; oppure da una classe dirigente obsoleta che presenta parecchie storture, come dimostra l’arresto di ieri della candidata di Fratelli d’Italia”. La croce finisce addosso a Barbara Mirabella, già assessore al Comune di Catania con Salvo Pogliese, per una presunta mazzetta da 10 mila euro. L’effetto della giustizia a orologeria, però, non ha pagato alla vigilia delle Amministrative di Palermo: “Noi crediamo nel lavoro della magistratura e nei tre gradi di giudizio – avverte Di Paola – ma il centrodestra non ha capito che esistono motivi di opportunità politica: tra tanti candidati, infatti, ha deciso di affidarsi a uno (Schifani, ndr) che è imputato nel processo Montante. Questa campagna elettorale è fulminea, serve che i siciliani abbiano il quadro chiaro”.
Il Reddito, invece, è una misura imperfetta. Tra le sue priorità, infatti, Di Paola cita “la realizzazione delle politiche attive del lavoro, cosa che attiene alla Regione e che in questi anni di governo del centrodestra non è stata fatta” pur di “mettere i bastoni fra le ruote al Movimento 5 Stelle”. Si riferisce, per lo più, al mancato funzionamento dei Centri per l’Impiego, che solo nelle prossime settimane verranno rimpinguati di personale in base all’esito di un concorso: “Vogliamo migliorare il matching fra domanda e offerta, altrimenti il Reddito resta una misura a metà”.
Il resto è integralismo ideologico: “La prima cosa da fare è ritirare l’avviso pubblico per i due inceneritori: per chiudere il ciclo dei rifiuti bisogna puntare sull’impiantistica di prossimità, in una logica di economia circolare che permetterà ai siciliani di risparmiare sulla Tari. In questi anni, invece, si è finito per favorire i soliti signori delle discariche… La seconda cosa che deve fare la Regione è immettere nuova liquidità per aiutare negozianti e imprenditori ad affrontare il caro bollette. Poi si potrà pensare a un piano nel medio termine, come l’istituzione di un fondo di rotazione che dia ai cittadini la possibilità di realizzare il proprio impianto fotovoltaico, solare, termico o mini eolico per avere un effettivo risparmio”. Sulle infrastrutture, invece, Di Paola si rifà al modello Himera, cioè quella collaborazione virtuosa (dopo anni di buio pesto) che ha portato il sottosegretario Cancelleri e l’assessore regionale Falcone, alla riapertura del viadotto sul tratto autostradale sulla Palermo-Catania. Dal crollo, però, erano trascorsi oltre cinque anni.