1.534 preferenze. Sono quelle di Fabio Giambrone, ultimo reduce dell’Orlandismo. Unico reduce dell’Orlandismo. L’ex vicesindaco, che aveva sperato nelle primarie di coalizione per raccogliere l’eredità del professore, ha dovuto accontentarsi della quinta piazza nella lista del Pd, che a Palermo ha conquistato 21 mila voti di lista e cinque seggi. Giambrone, al quale Orlando, temendo la caduta libera, aveva confermato per un paio d’anni la presidenza della GH, la società di handling dell’aeroporto Falcone-Borsellino, torna in Consiglio comunale con un ruolo minore e non operativo. Meglio di lui, nel Partito Democratico, hanno fatto Carmelo Miceli, Teresa Piccione, Rosario Arcoleo e Giuseppe Lupo. La magra consolazione è esserci. Comunque.
A Giambrone – che nel 2018 era stato candidato alla Camera, senza grosse fortune – è andata meglio rispetto a Giusto Catania, che nonostante le mille preferenze, non è riuscito a spingere un pochino oltre la lista di Sinistra Civica Ecologista. Si è fermata al 4,2%, ben al di sotto della soglia di sbarramento. L’assessore uscente alla Mobilità, che ha trasformato Palermo in un puzzle (da comporre) in nome della svolta green, che ha imposto la propria linea sulle piste ciclabili e sui tram, che ha chiuso al traffico via Ruggero Settimo, è stato spazzato via da queste elezioni. Catania, in un video, si consola pensando agli altri assessori: “Non siamo riusciti a mandare un messaggio politico forte, siamo l’unica lista a non aver beneficiato di un voto d’opinione. Abbiamo perso perché siamo stati percepiti come la lista della continuità su alcune scelte di governo e ne abbiamo pagato lo scotto. Tutti gli assessori che si sono candidati non hanno avuto il risultato che ci aspettavamo”.
Compreso Tony Sala, che ha trascorso l’ultimo anno cercando di mettere una pezza sull’emergenza Rotoli. Ma che, purtroppo per lui, non è riuscito a rimuovere una sola bara da sotto il tendone. Ha preso 763 preferenze. Un flop. La stagione di Orlando è finita davvero.