Fra i tanti diritti si sono dimenticati il diritto al taccheggio. Piero Fassino, come il padre dell’imperatore Adriano secondo Marguerite Yourcenar, è un uomo “sopraffatto dalla virtù”, come capita a non pochi torinesi (viene da Avigliana, ma fa lo stesso). La virtù è il tarlo roditore del suo berlinguerismo e l’origine di certe sue uscite politiche innocenti. La cazzata che gli è imputata, ma vedremo dopo la gogna mediatica che cosa ne resterà, credo niente, è il virtuoso e inconscio depredamento di un Duty Free, la cosa più obbrobriosa della società moderna. Per uno Chanel, poi, che è un profumino della malora, neanche un Armani Acqua di Giò o un Paco Rabanne o il vecchio Ma griffe, che era l’essenza amata di Rossana Rossanda. Tutto sbagliato, ma tutto da rifare.

Il Duty Free è un obbligo che dovrebbe prevedere, invece che un’occhiuta vigilanza del personale spionistico, una quota taccheggio specie per le persone perbene. Sei un viaggiatore, ahite, un viandante, e devi per forza passare per quella forca commerciale, non puoi evitarlo, nell’attesa ti dispongono a passeggiare tra le merci in mezzo a quelle luci insinuanti e cretine, tra le scaffalature procaci e volgarotte, merci che ti provocano a essere prese, cassa o non cassa. Ho avuto mille volte la tentazione di taccheggiare, magari per una bottiglia di Rum, il mercatino dei falsi ricchi dell’aeroporto: non l’ho fatto perché non essendo sopraffatto dalla virtù, ma curioso del suo opposto, il vizio, sapevo che mi avrebbero beccato subito, grosso come sono e maldestro. Continua su ilfoglio.it