La stagione del Palermo non è a un bivio. E’ già oltre. Un semi-fallimento dichiarato. Anche col Teramo è arrivato l’ennesimo passo falso: 1-1 con i gol di Birligea (20′) e Lucca (30′). I playoff rappresentano l’unica prospettiva plausibile, ma affrontarli in queste condizioni – con questi giocatori, questo tecnico e questo rendimento – rischia di procurare altri affanni. Che si sono già palesati in società. L’addio di Tony Di Piazza, che ha esercitato il diritto di recesso dalle quote di Hera Hora (il 40%), è un duro colpo che va al di là della sicurezza un po’ arrogante di Dario Mirri. Il presidente, che sembrava certo di comprare anche quelle, ha fatto non uno ma dieci passi indietro. Ha dato uno sguardo ai numeri e ai bilanci.
La voce ricavi si è azzerata (rispetto al milione e trecentomila euro della scorsa stagione) per la chiusura degli stadi; i tamponi, invece, sono costati 300 mila euro secchi. Non si naviga in buone acque, tanto che l’ultima mossa del Consiglio d’Amministrazione è richiamare in cassa tutti i fondi del capitale sociale, 15 milioni entro maggio, allo scopo di evitare spiacevoli sorprese legate all’uscita del paisà. “Di Piazza tiene la barra forte dritta – assicura Mirri – e nonostante abbia esercitato il diritto di recesso farà fede agli impegni fino alla fine tenendo con noi la barca in navigazione”. Ma pur di non andare incontro a mari tempestosi, il presidente sarebbe anche pronto a riprenderselo il nemico Tony, mettendo da parte le intemperie del passato. Mettendoci un monolite sopra.
C’è ancora una possibilità per attrarre investimenti: cioè riqualificare l’area di Torretta – il Palermo si è aggiudicato il bando dell’amministrazione comunale – e realizzare in tempi celeri il centro sportivo (sono stati accantonati 6 milioni di capitale). Questo consentirà al club di aumentare il proprio valore e a qualche socio potenziale di farsi vivo (uno è Massimo Ferrero, che però vorrebbe fare da solo). “Ci sono scenari imprevedibili – ha detto Mirri – il Palermo è appetibile, ma chi deve investire deve essere economicamente più forte di me”. Si avverte una leggera puzza di bruciato. E la sgradevole sensazione che il progetto “palermitano” tanto osannato sia a un punto morto. O nella migliore delle ipotesi, sia tornato al punto di partenza.