Dalla Sicilia a Rocca di Papa

Gliel’hanno fatta sotto gli occhi proprio mentre digitava che “la pacchia è finita” e che i magistrati era pronto a riceverli “ma con una bottiglia di grappa”. E dunque è eccezionale questa fuga che supera perfino quella dello schiavo Solomon in “12 anni schiavo” di Quentin Tarantino ma con la campagna di Viterbo al posto dei campi di cotone della Louisiana. Dopo averli tenuti sequestrati per giorni con lo scopo di “taglieggiare solidarietà” all’Europa e di palestrare il suo consenso elettorale, ben 50 migranti su 177 della nave Diciotti si sono dati alla macchia e hanno spedito un selfie al nostro ministro Matteo Salvini.

A comunicare questa bellissima notizia è stato lo stesso segretario della Lega. Salvini si è precipitato a spiegare l’evasione e ha fatto tornare in mente quegli sceriffi tontoloni che si addormentano e si fanno sfilare le chiavi dalla cintura ma che per giustificarsi se la prendono con la luce scarsa.

Per non riconoscere lo scorno esibiscono la loro goffaggine. Per non riconoscere che sono stati fatti fessi capovolgono la loro grullaggine in titoli di futura fermezza.

Condotti chi in centri di accoglienza a Messina e chi ospitati a Rocca di Papa dalla Cei, i migranti, che a Catania sono stati rifocillati con croccanti arancini, non hanno avuto bisogno di assaggiare i piatti pieni d’odio che aveva cucinato il secondino in bermuda.

Dopo una detenzione ai confini della legalità, e di sicuro dell’umanità, i nostri 50 eroi, esperti di naufragio, appena hanno toccato la terraferma si sono messi in marcia. Lo hanno potuto fare senza alcun bisogno di fune e senza fare rappresaglia. A loro è bastato forzare la serratura del diritto, usare l’astuzia e il buon senso della legge che non impedisce il movimento e la sorveglianza da parte dello Stato a chi è in attesa di ricevere una risposta d’asilo. E infatti perfino la parola fuga è errata. Lo ha precisato il direttore della Caritas Italiana, don Francesco Soddu: «Si fugge da uno stato di detenzione ma non era questo il caso».

A conti fatti, e li ha fatti l’Avvenire, la guapperia del ministro ci è costata 200 mila euro, ben 5 volte più il costo che serviva a ospitarli. Beffato nella maniera più divertente, Salvini ha così provato a rifarsi. Ha cercato di prendere gli italiani per la gola, ha giocato la carta della fame: «Più di 50 degli immigrati sbarcati dalla Diciotti erano così ‘bisognosi’ di avere protezione, vitto e alloggio, che hanno deciso di allontanarsi e sparire! Ma come, non li avevo sequestrati? È l’ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano in Italia sono ‘scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame’». Ebbene, noi ce li immaginiamo aver superato la Padania, in corsa verso la Francia e salutare con la mano il governo gialloverde. È finita nel migliore dei modi. Salvini voleva tenerli in acqua e loro lo hanno buttato a mollo.

Carmelo Caruso per Il Foglio :

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