Fuori. Il più facile dei rigori a porta vuota – manette, girotondi, scandalo indignato, elezioni anticipate e governatore uscente che addirittura patteggia mentre si distribuiscono i santini elettorali – finisce in tribuna. Per un soffio, ma non va in gol. Andrea Orlando, che dalle primarie del Pd del 2017 non si metteva in gioco in prima persona, rimedia nella sua Liguria una sconfitta di misura. Che ora potrebbe non essere orfana. Fra tre settimane tocca all’Umbria, altro fortino del centrodestra che dopo ieri sera sembra meno espugnabile. Matteo Salvini ha già piantato la tenda a Perugia. “Se perdo sarà per colpa mia”, aveva confessato l’ex pluriministro dem al teatro Politeama di Genova, durante la chiusura della campagna elettorale. Appuntamento cercato, ma complicato nella costruzione tanto da diventare una notizia, la foto dell’album di famiglia. Con tutti i leader sul palco per sostenere “Andrea”, salvo poi rientrare nei camerini e continuare ad azzuffarsi, come d’altronde è stata tutta questa campagna per il “campo largo”. Formula politichese, ma per nulla fattuale. Al contrario del centrodestra, tetragono come sempre nei momenti che contano. Quelli del voto.
Nella notte di Genova restano appesi i “nonostante”. Il sindaco Marco Bucci può dire di avere centrato il mezzo miracolo politico e personale, nonostante la caduta rovinosa dell’ormai ex governatore Giovanni Toti, agli arresti domiciliari per mesi insieme a tutto il centrodestra. Fare di più e meglio, in una regione in cui Fratelli d’Italia non è mai stato egemone, come dimostra il 14,7 per cento, era complicato se non impossibile visto soprattutto l’aria che tirava. Il neo presidente è stato la scelta migliore, l’unica potabile in uno scontro incentrato sulla contrapposizione “sì grandi opere”, “no grandi opere”. Il tutto nonostante lo stato di salute di Bucci, malato oncologico per sua ammissione con un’intervista il giorno in cui ha accettato di candidarsi. Un fattore rimasto sullo sfondo e che non è risultato determinante per i liguri, anzi.
Fa abbastanza impressione andare nell’altro campo, quella della coalizione che sosteneva Orlando. Che ariosticamente dovrebbe essere furioso per come i suoi alleati se le sono date in continuazione per settimane. I lapilli arrivano da ciò che resta del M5s, quarto classificato nella partita interna della coalizione. Sotto il 5 per cento, con il Pd che ha preso il sestuplo dei voti, superato da Avs e perfino dalla lista civica del presidente. Una disfatta? Sì. Totale. Continua su ilfoglio.it