Alla Sicilia serve un assessore alla Salute. Musumeci sembra intenzionato a mantenere l’interim e attendere l’esito della vicenda giudiziaria che riguarda Ruggero Razza. Ma l’attesa non può durare in eterno, specie in una fase come questa dove la Regione è messa alla prova dal peggioramento del quadro epidemiologico e dalla campagna vaccinale. Secondo l’europarlamentare della Lega, Francesca Donato, la questione va affrontata subito: “Credo che l’interim possa durare pochissimi giorni, poi si impone la necessità – assieme alle forze di maggioranza – di indicare una persona che si dedichi completamente alla priorità del momento. Con tutto il rispetto per il presidente Musumeci, non credo sia nelle condizioni di farlo”. Fra le tante anomalie della gestione siciliana dell’emergenza, per la Donato, c’è quella relativa alla medicina territoriale: “E’ dimostrato scientificamente come le cure domiciliari precoci riducano i ricoveri ospedalieri fino all’80%. Non tenerne conto è aberrante”.
Dove sta l’aberrazione?
“Nel lasciare che i “positivi” restino a casa e si affidino all’assurdo protocollo ministeriale che prevede tachipirina e vigile attesa. Tutti gli attori che lo portano avanti, fra l’altro, sono esposti a future class action e richieste di risarcimento, semmai verrà appurata che decessi o aggravamenti di salute dipendano dalla mancata assistenza domiciliare. E’ un tema che ho affrontato con l’assessore Razza, il quale mi aveva preannunciato totale disponibilità a intraprendere questo percorso in tempi rapidissimi. Ora si è fermato tutto”.
Razza non c’è più.
“Ma non si può impedire ai siciliani di essere curati a casa. Questo richiede, oltre a un protocollo di cure domiciliari chiaro e aggiornato per i medici di famiglia che prendono in carico i pazienti, anche una gestione più efficiente delle Usca, che fin qui si sono rivelate disorganizzate. Il comitato tecnico-scientifico regionale, da quanto mi risulta, ha rappresentato più volte al governo queste problematiche. Finora nessuno ha provveduto a risolverle”.
Meglio un assessore politico o tecnico?
“Sono più orientata verso una figura politica. Nel decidere le misure sanitarie, non si può non tenere conto dell’impatto che esse hanno sulla vita economica e sulla tenuta sociale di una popolazione. Se tra i politici si trova qualcuno che abbia una competenza nella gestione delle emergenze o in ambito sanitario, tanto meglio. Penso la stessa cosa del Cts: se fosse data precedenza ai tecnici specialistici della materia, che fungano da consulenti e non da decisori ultimi, la qualità del lavoro migliorerebbe. Io credo che un politico debba garantire equità. Non esiste solo il diritto alla salute di chi, costi quel che costi, non vuole essere contagiato. La politica deve dare una soluzione diversa, equilibrata, che tenga conto di tutti gli interessi in gioco”.
Qual è, secondo lei, l’emergenza che merita più attenzione?
“Quella sociale. Non si parla abbastanza della condizione prodotta dalle misure restrittive sulle fasce più giovani: sono aumentati i tentativi di suicidio, le depressioni, i disturbi psichici. Continuare così è inaccettabile”.
E’ intollerabile anche per alcune categorie produttive, come i ristoratori e i commercianti.
“La protesta dell’altro giorno a Roma non è isolata. Ci sono state manifestazioni in molte città italiane. Esprimono un’insofferenza da parte delle categorie più penalizzate che, nonostante abbiano rispettato tutte le regole e investito soldi per adeguare le proprie attività ai protocolli, vedono il loro lavoro vanificato. Alla base delle ultime chiusure, come a Palermo, non ci sono studi scientifici, documenti, dati che dimostrino l’utilità e la necessità di queste restrizioni, né l’efficacia rispetto al fine dichiarato: cioè ridurre i contagi e contenere la pressione sugli ospedali”.
Anche lei non si fida dei dati, per caso?
“I dati dei positivi sono inattendibili: ad esempio, nel computo dei tamponi non si distingue fra antigenici e molecolari, fra primo tampone e tampone di controllo. Sono dati aggregati, confusi e fuorvianti. Ma è sulla base di questi dati – o di criteri inammissibili sotto il profilo giuridico, come quello dei 250 casi per centomila abitanti – che è stato stabilito un automatismo folle di chiusura. Limitare le libertà personali, vietare di circolare, di svolgere un’attività lavorativa o di frequentare la scuola, sono provvedimenti gravi che non possono essere adottati se non supportati da ragioni scientifiche comprovate in maniera inoppugnabile. Questa prova non esiste. La pensano in questo modo illustri costituzionalisti e molti tribunali, che sulla vicenda si sono già pronunciati”.
In Sicilia, ad aumentare la diffidenza verso i dati forniti dalle istituzioni, ci si è messa l’inchiesta della procura di Trapani sui morti ‘spalmati’.
“Su questo mi sento più che garantista. Premesso che si dovrebbe vietare per legge la pubblicazione delle intercettazioni sui giornali, a tutela del segreto istruttorio, in quelle conversazioni non vedo un’intenzione dolosa o il tentativo di nascondere qualcosa. Bensì l’esigenza di distribuire i dati su più giorni perché si riferivano a più giornate, sebbene venissero comunicati all’assessorato in blocco. In caso contrario sarebbe venuta fuori una realtà distorta. Non condivido la messa in croce dell’assessore Razza. La Sicilia, fra l’altro, è stata una delle regioni a chiedere la zona rossa ancor prima che le condizioni si verificassero. La tesi di falsificare i dati per evitare le restrizioni è smentita dai fatti”.
Lei parlava di cure domiciliari e medicina territoriale. Ma sa che in molte realtà siciliane, ad esempio a Palermo, mancano i team per le vaccinazioni a domicilio?
“Anche questo, chiaramente, è un problema. Ma credo che prima di vaccinare i sani, vadano curati i malati. Lo dico perché alcuni di questi vaccini, mi riferisco ad AstraZeneca, sono tuttora al vaglio delle autorità per le reazioni avverse molto gravi. Alcuni paesi del Nord hanno deciso di sospenderne, di nuovo, la somministrazione: i governi stranieri non agiscono alla base di un capriccio, ma di studi scientifici e medici molto rigorosi, che hanno effettivamente riscontrato un nesso fra i vaccini e i fenomeni di trombosi ed emorragia cerebrale in soggetti sani e senza precedenti patologie. Tra l’altro, i dati confermano che la percentuale dei casi avversi è molto superiore alla media di altri farmaci o vaccini. Serve massima cautela”.
Crede che la campagna vaccinale abbia subito un’adeguata accelerazione dopo la staffetta fra Arcuri e Figliuolo?
“Parlano i numeri. C’è stato un aumento delle dosi somministrate. Poi è chiaro che la richiesta non può essere coperta dalle dosi disponibili ad oggi perché, nonostante ci fosse la possibilità di procurare vaccini di altri produttori – mi riferisco allo Sputnik – a noi, a differenza di altri Paesi, non è stato concesso. Il ministro Speranza ha alzato un muro in ragione del fatto che l’Ema non l’ha ancora autorizzato. Non capisco questa sudditanza rispetto alle decisioni dell’agenzia europea del farmaco se, come dicono, siamo in guerra e in uno stato d’emergenza. Allora decidano: o prendiamo lo Sputnik, che risulta anche il vaccino più sicuro; oppure non è come ce la raccontano”.
Anche i ristori sono fermi al palo. La Regione ha stanziato 7 milioni in Finanziaria, con la promessa di altri 250 da ottenere in seguito a una rimodulazione di risorse extraregionali. E anche a Roma si procede lentamente.
“I ristori sono irrisori rispetto alle perdite subite e, inoltre, sono arrivati in ritardo perché la macchina burocratica ha reso lento il meccanismo. Ma c’è un altro problema: il nostro Paese ha un debito pubblico altissimo e il rapporto deficit/Pil è vicino al 10%. Poiché anche il gettito fiscale è stato azzerato, e nei prossimi anni non avremo abbastanza entrate per coprirci, come pensiamo di tirare avanti con questa politica demenziale di sussidi? I Paesi come la Germania, che hanno uno spazio fiscale enorme nel bilancio, hanno ristorato molto di più e continueranno a farlo. Ma noi non siamo la Germania. Si deve permettere alla gente di lavorare e riaprire tutto. E smetterla con questa narrazione terroristica del virus, che è curabilissimo e, per la stragrande maggioranza di chi lo contrae, asintomatico”.
L’immunità di gregge è prevista per fine estate…
“Non dimentichiamo che quando si fanno le stime per l’immunità di gregge, stranamente ci si scorda di conteggiare tutti gli immuni da guarigione, che sono milioni e aumentano ogni giorno. Tutti i positivi di oggi, tranne i pochi che purtroppo continuano a morire perché non vengono curati in tempo, domani saranno negativi. La scienza, attraverso degli studi, ha dimostrato che la memoria immunologica esiste anche per questo virus. E non è vero che dura tre o sei mesi, e poi svanisce nel nulla. Chi è guarito dal Covid è come se si fosse vaccinato. Il panico non serve a nulla. La soluzione è passarci “attraverso”, curare i malati e lasciar vivere la gente. Una vita normale, con della buona attività fisica, aumenta le difese immunitarie e ci rende più forti”.