Dal Papete alla cravatta. Salvini, il sabotatore cortese

Salvini (foto Mike Palazzotto)

Miguel de Unamuno disse una volta che Cervantes era nato per raccontare la vita di Don Chisciotte e lui per commentarla. Qualche cosa di simile noi pensiamo del segretario leghista Matteo Salvini, del quale nessuno forse capirebbe le ragioni dell’esistenza, se non apparisse ormai evidente, ripensandoci, che egli è venuto al mondo per tenere d’occhio Giorgia Meloni. Grazie a Dio che c’è Matteo a controllarla!

A maggio lei litigava coi sindacati, e lui allora dialogante la correggeva e dunque invitava la Cgil al ministero (l’ha fatto pure ieri, e quelli subito hanno dichiarato lo sciopero dei treni). Poi lei si è messa a litigare coi magistrati, e allora lui ha immediatamente indossato la toga dell’Anm impartendo opportune lezioni di moderazione istituzionale, qualità che a Salvini viene unanimemente riconosciuta sin dai tempi del processo Open Arms (“sono pronto a denunciare le procure”). Infine martedì, visti i ritardi del Pnrr e i guai di Raffaele Fitto, il Nostro è stato sentito pronunciare queste definitive e oneste parole: “Nessuna polemica con Meloni, ma facciano gestire i fondi ai nostri ministri che sono più capaci”. Ed è così che nasce dunque la figura del sabotator cortese, un po’ sfasciacarrozze e un po’ principe von Bismarck.

Lo sospettano di voler ostacolare il governo di cui lui stesso fa parte, ma in realtà egli vuole solo dare una mano. A modo suo. E chi pensa che Salvini sia soprattutto interessato a grattare un po’ di consenso ai suoi alleati si sbaglia di grosso. Egli è cambiato. Non è più quello di una volta. Quando d’altra parte faceva il controcanto a Luigi Di Maio, ai mitologici tempi del primo governo Conte, se ne stava in costume e cocktail in mano al Papeete, quindi s’alzava da tavola dopo la frittura di pesce e dichiarava: “Quasi quasi oggi mando a cagare Di Battista”. Adesso indossa la cravatta. Vuoi mettere? Infatti segue le orme del maestro Cavour, e abbandonando le piccole, modeste parole che gli sarebbero congeniali, adopera un tono perentorio e totale che ci riempie tutti di soggezione e di rispetto. “I fondi fateli gestire a noi”. Ecco. Diamoli a Salvini. Che sarebbe un’idea fantastica, in effetti. Magnifica. Se non fosse che il servizio studi di Camera e Senato ha recentemente stilato una classifica d’efficienza nell’attuazione del Pnrr e, indovinate un po’, quale sarà mai uno dei ministeri più in ritardo? Quale sarà mai il ministero che ha speso soltanto il 12 per cento degli stanziamenti ricevuti? Quale sarà mai il ministero al quale sono stati dati più soldi e che però meno ne ha saputi spendere? Ma quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, ovviamente. Che, per puro caso, è il ministero di Salvini. Però questi sono dettagli. Lui ora indossa la cravatta.

Salvatore Merlo per Il Foglio :

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