L’ultima sentenza di Caltanissetta sulla strage di via D’Amelio certifica che l’antimafia – con i suoi apparati, le sue anime belle, le sue ambizioni – ha creato un mostro e lo ha crocifisso per quasi trent’anni con un cinismo che, a solo pensarci, fa venire i brividi. Quel mostro, costruito con le infamità dei pentiti e di altri compiacenti mistificatori, si chiama Bruno Contrada. Al tempo dell’attentato era vicequestore. La prima bugia che hanno messo in circolo è stata questa: al momento della strage Contrada era lì, nell’inferno di via D’Amelio. E sull’onda di questa bugia hanno inventato la comoda teoria dei servizi segreti deviati che avevano coperto le nefandezze dei boss stragisti. Povero Contrada. Gli hanno incollato addosso un’accusa di mafia. Che era una menzogna. Il metodo, purtroppo, fa ancora proseliti. Soprattutto tra i cannibali della politica.
Giuseppe Sottile
in Operette immorali
Dal calvario di Contrada ai cannibali della politica
bruno contrada
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