Ognuno ha le distanze che si merita. In tempi di Coronavirus, cambia il lessico e cambiano le abitudini degli italiani. Abbandonata (per il momento) l’idea di assistere a un concerto o a una partita di calcio, in mezzo a una folla festante, oggi la parola d’ordine è distanziamento: quello sociale, quello fisico, potrebbe variare però da regione a regione. Dipende dal dato epidemiologico di ognuna. La Sicilia, proprio in funzione del suo “contagio-quasi-zero” chiede di sistemare i tavoli, all’interno dei ristoranti, a un metro e mezzo l’uno dall’altro. E non a tre metri, come emerge dalle linee guida dell’Inail, che intende garantire a ogni singolo cliente una superficie di quattro metri quadrati. La distanza tra commensali dovrà essere quella “sufficiente a evitare la trasmissione di droplets”, le goccioline di saliva. Niente buffet, menu di carta, camerieri con guanti e mascherina.
Anche dal parrucchiere tra le poltrone ci dovranno essere almeno due metri di distanza. Guanti e mascherine per il personale, obbligatorio il lavaggio dei capelli prima di effettuare il trattamento. Ma all’inizio il problema non si porrà, dato che si potrà accedere uno per volta e solo su prenotazione. Bisognerà rimanere a due metri di distanza anche in palestra, dove invece è impossibile accedere uno per volta. Rimarranno chiuse saune e bagni turchi. Anche a messa bisognerà stare a un metro e mezzo di distanza dagli altri fedeli.
E così nelle spiagge. La distanza minima di cinque metri tra due file di ombrelloni, e di 4,5 metri tra due ombrelloni della stessa fila, ha fatto saltare sulla sedia i proprietari degli stabilimenti balneari, che per un attimo avevano anche considerato (senza prenderla mai troppo sul serio), la possibilità di rinchiudere i propri ospiti nei loculi in plexiglass. Le Regioni, come rivela l’Huffington Post, daranno battaglia: la Liguria difende la regola dei 3 metri tra un ombrellone e l’altro, la Puglia punta a 4, la Campania si orienta sui 3,5. Era quasi meglio il lockdown.