Il gup di Palermo ha condannato complessivamente a oltre 400 anni di carcere boss, colonnelli e gregari di Cosa nostra arrestati due anni fa nell’ambito di un’inchiesta della Dda del capoluogo sui clan mafiosi palermitani. L’indagine svelò, tra l’altro, il progetto delle cosche di ricostituire la commissione provinciale di Cosa nostra.
I condannati, processati con il rito abbreviato, sono stati 47. Nove gli assolti. L’accusa davanti al gup Rosario Di Gioia è stata sostenuta dai pm Amelia Luise, Dario Scaletta, Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli. Imputati i vertici dei clan mafiosi di Palermo e provincia: da Filippo Annatelli, condannato a 13 anni e 4 mesi, e Gregorio Di Giovanni, che ha avuto 15 anni e 4 mesi, a Leandro Greco, nipote dello storico boss Michele Greco detto il papa, condannato a 12 anni, Settimo Mineo, condannato a 16 anni, e Calogero Lo Piccolo che, in continuazione con altre condanne ha avuto 27 anni.
L’indagine, condotta dai carabinieri, arriva ad una svolta grazie a una microspia piazzata nell’auto del boss Francesco Colletti, capomafia di Villabate che dopo l’arresto si è pentito. L’ex boss, non sapendo di essere intercettato, racconta a un altro uomo d’onore la cronaca del summit appena concluso tra i più influenti padrini palermitani. Riuniti in un luogo rimasto misterioso i capimafia avevano riportato in vita la commissione provinciale di Cosa nostra e designato il nuovo capo dei capi: Settimo Mineo, 82 anni, professione ufficiale gioielliere, imputato al maxiprocesso e condannato, e due fratelli uccisi durante la guerra di mafia. Le parole di Colletti per i carabinieri e i pm della dda di Palermo furono la conferma di un sospetto di mesi: i boss rivolevano la Cupola. (Ansa)