Nei manifesti elettorali hanno tutti il simbolo di Fratelli d’Italia, con la confermatissima fiamma, di fianco. Non solo gli ex allievi di Nello Musumeci in Diventerà Bellissima – da Giusy Savarino ad Alessandro Aricò, da Giorgio Assenza a Marco Intravaia (fin qui segretario particolare e presidente del Consiglio comunale di Monreale) – ma persino qualche reduce del Movimento 5 Stelle che, come ampiamente prevedibile, ha fatto il doppio salto della quaglia per garantirsi un seggio all’Ars. O – andasse male – almeno una (ri)candidatura. Coi grillini, rimasti ligi al tetto dei due mandati, avrebbero avuto zero chance.
Spicca la vicepresidente dell’Ars, Angela Foti, che dopo aver minacciato di farsi bionda anziché transitare alla Lega, ha completato il quinquennio indossando la maglia della Meloni. A Roma lo chiamano ‘diritto di tribuna’. Foti si candida all’Ars nel collegio di Catania per dare seguito alle sue battaglie. Si tratterebbe del terzo mandato. Ex esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, la Foti è transitata in Attiva Sicilia, dopo essere stata eletta con un blitz vicepresidente dell’Assemblea (al posto di Cancelleri, nonostante il M5s avesse puntato le proprie fiches sul calatino Francesco Cappello: misteri…); e aver partecipato, nel maggio 2020, alla scissione che ridusse il contingente grillino al parlamento siciliano da 20 a 15 deputati.
Un’operazione la cui paternità, secondo molti, appartiene all’assessore alla Salute Ruggero Razza, che cercava una stampella per un governo sempre più ostaggio dei ‘franchi tiratori’. Ha avuto vita facile, dato che fra le new entry c’era pure compagna dell’epoca, Elena Pagana. Che fra l’altro, nella primissima dichiarazione, smentì qualsiasi gioco di palazzo, confermando che Attiva Sicilia “si colloca in opposizione”, evidenziando che “siamo insoddisfatti di questi due anni e mezzo di legislatura”. Il risultato di questa operazione, però, si palesa nel maggio dello scorso anno: a seguito di un incontro di Musumeci, infatti, gli ex grillini firmano un patto di legislatura con il presidente della Regione.
Tutto diventa più chiaro il 7 agosto 2021 quando a Sala d’Ercole nasce l’intergruppo ‘Per la Sicilia’, di cui fanno parte dieci deputati: i sei eletti con Diventerà Bellissima – semper fidelis – e i quattro ex grillini, che intanto hanno perso per strada Valentina Palmeri (transitata ai Verdi). Si parla di un’intesa programmatica “finalizzata alla promozione ‘della cultura del buon governo’ e che punti con priorità all’attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana, al riconoscimento dello stato di insularità, alla promozione di politiche attive del lavoro e di inclusione sociale, al potenziamento delle infrastrutture, alla tutela dell’ambiente e alla promozione dei beni culturali dell’Isola”.
Di quel nucleo fa parte anche Sergio Tancredi, oggi ricandidato nel collegio di Trapani con – udite udite – Fratelli d’Italia. E’ il deputato di Mazara che a ottobre dell’anno scorso rimase fuori dall’Ars perché sprovvisto di Green pass, e che in precedenza aveva osato paragonare il certificato verde al marchio della Shoah sugli ebrei deportati. In confronto, Manlio Messina è un angelo. Della compagine degli stampellisti, inoltre, fa parte anche il mancato sindaco di Sciacca, Matteo Mangiacavallo: un altro ex grillino che nella sua recente esperienza alle Amministrative aveva imbarcato il partito della Meloni lasciando fuori dalla coalizione Forza Italia: gli è andata male, nonostante le 5 mila preferenze. Non è ancora chiaro se desidera ripresentarsi a palazzo dei Normanni.
Né quale sarà il percorso della Pagana, originaria di Troina, che prima attende l’esito delle trattative che riguardano Razza, nel frattempo diventato suo marito, ancora in ballo per un posto alla Camera Ospite, va da sé, di Fratelli d’Italia (anche se le vicende giudiziarie non depongono a suo favore). La Pagana potrebbe correre all’Ars, nel collegio di Enna, dove però è difficile sfondare: da quella provincia, infatti, solo un paio di deputati si guadagnano l’accesso in Assemblea.
E poi c’è Musumeci, che fin dall’inizio ha dichiarato di non essere disposto a barattare la ricandidatura in Sicilia con un posto in parlamento. E che anche nei giorni del passo indietro, disse “torno a fare il militante”. Ora la sua posizione è leggermente più sfumata: “I vertici nazionali di Fratelli d’Italia sanno che possono disporre di me, se e quando lo riterranno utile”, ha detto ieri a Live Sicilia. Ecco, è questo il punto: se arrivasse un seggio blindato al Senato e, magari, un ruolo di sottogoverno (Ministro del Sud è un po’ troppo, forse), finirà per guardare all’apoteosi siciliana – lo stop alla sua ricandidatura – con un pizzico di rancore in meno. Le vie della politica, e dei partiti, sono davvero infinite.