Con estrema difficoltà vi racconto di quest’ultima notte popolata da strani presagi. Spero solo che non si tratti di una profezia autoavverantesi.
In un’aula enorme, piena di scranni in velluto rosso, tante persone si affaccendavano a far qualcosa. Sulle prime non capivo esattamente cosa li legasse in quel singolare movimento collettivo all’unisono. Poi, a poi a poco, come se fossero personaggi venuti fuori da una nebbia dostoevskiana, i contorni si chiarivano.
Erano tutti lì a cercare di far convergere il loro voto su un nome che fosse rappresentativo. Rappresentanti che, rappresentando, cercavano un loro nuovo rappresentante. Questo era il sottotitolo di quel plot onirico, come nei film muti del tempo che fu.
La cosa faceva un po’ sorridere perché non era dato comprendere – nel sogno – perché non trovassero accordo. Insomma, se la cosa riguardava l’interesse supremo ed il motivo della loro stessa esistenza come mai quell’intesa si manifestava così impossibile? Ma vai a capire i sogni e la loro incomprensibile vacuità.
Non era il vecchio Willie Shakespeare che scriveva che ci sono cose in terra ed in cielo che neppure la filosofia può provare a sognare? Ecco, eravamo in qualcosa di terreno difficile da descrivere anche vedendolo dal cielo.
Non voglio soffermarmi sui dettagli apocalittici di quella sessione in velluto rosso per non scomodare David Linch. Ma devo pur dirvi che dopo una serie interminabile di votazioni con strani nomi in successione (Rocco Siffredi, Napo Orso Capo, Trucula Bombom, Gardfield e Topo Gigio) l’aula d’un tratto si silenziò. Un nome – ed uno solo – cominciò a riecheggiare (ripetuto, ripetuto e poi ancora ripetuto) in quell’aula “sorda e muta” dove solo pochi anni prima un uomo, con il garofano all’occhiello, aveva sfidato le sole quattro mele marce a farsi avanti.
Nel sogno poi tutto diventava ancor più indistinto, nebuloso ed inafferrabile fino al momento in cui quel nome si traduceva nell’applauso scrosciante dei presenti. Il nuovo Presidente era eletto! Abbracci, baci, strette di mano, grida orgasmiche, risate liberatorie e gesti apotropaici, simbolicamente assai chiari, rivolti agli scranni degli oppositori.
La scena del sogno si spostava, quindi, dentro la mia stanza d’ufficio. Dovevo scegliere la foto da apporre dietro la mia poltrona da giudicante. Mi chiedevano di optare tra tre diverse soluzioni. Nella prima la foto ritraeva il Presidente mentre faceva le corna ad un importante summit europeo dell’economia. Nella seconda, invece, la foto lo ritraeva mentre baciava la mano di un noto capo di tribù libica. Nella terza ed ultima, l’immagine ritratta era quella che riprendeva il suo labiale nel magnificare da eroe il suo stalliere siciliano.
In quel preciso istante di alterazione ipnagogica mi imposi il risveglio, essendo chiaro ormai che non di sogno si trattava, ma di vero e proprio incubo. Dicono che nelle profezie autoavverantesi la predizione e l’evento siano in rapporto circolare. In altre parole, la predizione genera l’evento e l’evento verifica la predizione. Da questo la mia paura che mai avrei voluto comunicarvi. Perché sempre citando il noto scrittore inglese: “Finché possiamo dire: “questo è il peggio!”, vuol dire che il peggio ancora può venire…