Il consiglio di giustizia amministrativa ha nominato ieri mattina Francesco Italia podestà di Siracusa. Il sindaco – eletto al ballottaggio nel 2018 a valle di una elezione di primo turno, confusa, fallace, caotica ma non abbastanza spiegano i giudici, forse anche imbrogliata ma di questo non v’è certezza chiarisce la sentenza – che dall’autunno scorso governa senza Consiglio comunale Siracusa, potrà continuare in questa sospensione legale di democrazia fino al 2023.
Il CGA ha infatti annullato la sentenza del TAR che aveva deciso che in 9 sezioni c’erano stati errori imperdonabili e il voto andava ripetuto, e di conseguenza annullata la proclamazione del Consiglio e di conseguenza annullato anche il ballottaggio che aveva visto Italia prevalere sul candidato del centrodestra, Paolo Reale che a primo turno, “quel” primo turno farlocco, aveva preso il doppio dei suoi voti.
In realtà erano decine le sezioni in cui le operazioni di spoglio e le trascrizioni sui verbali s’erano svolte in modo che era un’offesa per le banane definirle da repubblica delle banane. E c’era stata anche una “moria” di presidenti di seggio alla vigilia del voto, rinunce a raffica e sostituzioni al volo con passanti per caso o quasi.
Ma tutto ciò, alla luce del faro giuridico acceso dal CGA, è soltanto ammuina, minchiate. La legge, autorevolmente interpretata dal Consiglio di Giustizia amministrativa dice che se non v’è certezza di brogli o certezza che gli errori abbiamo sostanzialmente modificato il risultato elettorale ormai è fatta e basta non si può stare a perder tempo. E nella sentenza si impiegano buona parte delle 40 e passa pagine a ribadire che di meccanismi fraudolenti come la famosa “scheda ballerina” non v’è prova e a valutare presuntivamente che comunque gli errori sono trascurabili. Magari quelli che non sono diventati consiglieri comunali per 5 preferenze avrebbero potuto aver qualcosa da ridire, magari quelle liste escluse dal Consiglio comunale per meno di 200 voti potevano mugugnare. Ma non si possono accontentare tutti. E il CGA ha accontentato il podestà.
Perché nella Siracusa poco classicamente tragica, ma molto pirandelliana, l’assertivo “tiremm innanz” del CGA (Amatore Sciesa ci perdoni se può) ha ratificato e “stantificato” il bingo fatto da un sindaco, candidatosi coraggiosamente, avventurosamente giunto al ballottaggio (Reale manco per meno di 2000 voti l’elezione a primo turno) e che alla guida di una compagine minoritaria s’è ritrovato dopo un anno e mezzo padrone assoluto della città senza alcun contraddittorio e controllo democratico da parte dell’opposizione. Il Consiglio comunale, in cui il sindaco non aveva la maggioranza ed era quindi per lui un fastidio, è stato sciolto per non aver approvato il bilancio consuntivo della giunta. Grazie a una norma dell’illuminata giunta Crocetta infatti, per evitare ricatti della maggioranza al sindaco, ove il consiglio non voti il bilancio va a casa mentre il sindaco resta in carica. Ma può accadere con la vigente normativa elettorale che la maggioranza in consiglio non sia quella del sindaco. A Siracusa accadeva. La illuminata normativa crocettiana non aveva considerato questa ipotesi, per cui l’opposizione ha bocciato come di prassi il bilancio del sindaco a cui si opponeva ed è stata mandata a casa. Oddio non è stata un tripudio di arguzia da parte del centrodestra l’operazione, ma la legge vigente obbliga di fatto un consiglio contrario al sindaco ad approvargli i bilanci: se glieli boccia viene dichiarato decaduto. E’ un paradosso ma può accadere. A Siracusa accadde.
E così eredità pirandelliana di Crocetta da un lato, prassi scespiriana del CGA dall’altro (“Molto rumore per nulla” ha commentato Francesco Italia in trionfale conferenza stampa) nella città di Archimede hanno risolto in un’orgia di legalità sia il problema della rappresentanza elettorale che quello della dialettica democratica. Qualcuno protesterà? Naaaaaa, i podestà di sti tempi in Sicilia vanno alla grande.