Sono trascorsi quasi sette anni dall’ultima volta de “Il Foglio” in Sicilia. E innumerevoli governi. Ma sabato, all’alba del Conte-ter (forse), rieccolo. In occasione del 25° anniversario della sua fondazione, il quotidiano di Claudio Cerasa ritorna nelle nostre edicole. Lo fa con una veste grafica rinnovata e con un magazine, redatto per l’occasione, che racconta la parabola di questi primi venticinque anni, con le pagine e gli articoli migliori. E con la solita verve imposta da un giornale d’opinione. “Festeggiamo il nostro compleanno, e siccome diventiamo grandi vogliamo essere promotori di un cambiamento che approda anche nella mia amata Sicilia” spiega il direttore Cerasa, nativo di Palermo, che nel 2015 ha raccolto l’eredità di Giuliano Ferrara.

Rocco Casalino, attuale portavoce del presidente del Consiglio, nel 2018 fu protagonista di una battuta infelice nei confronti di uno vostro cronista: “Ma che fai ora che il Foglio chiude…”. Vi ha allungato la vita?

“(ride…) Al di là di quello, venticinque anni per un giornale sono un traguardo incredibile, che ci proiettano necessariamente al prossimo quarto di secolo, in cui stiamo immaginando una grande quantità di cose nuove da fare. Il Foglio è come un aeroporto: ci sono tanti slot e noi stiamo cercando di occuparli”.

Sarà pure una rivoluzione grafica?

“L’aspetto grafico cambierà all’insegna del diventare grandi: ingrandiremo un po’ il carattere, mentre ridurremo il formato di pochi centimetri”.

L’uso completamente distorto dei modelli comunicativi, rischia di produrre tragedie come quella della ragazzina che a 10 anni si è strangolata tentando di imitare una challenge su TikTok. Qual è oggi il ruolo dell’informazione?

“Il punto, secondo me, è educare il lettore a un’informazione più riflessiva, che permetta di fermarsi, che permetta non soltanto di vivere nell’immediatezza, ma anche nella mediazione di un giornale. Che ha il compito di seguire tutte le cose che avvengono nell’arco di una giornata, e fare una selezione di quelle che meritano spazio. Questa è la forza di un giornale d’opinione”.

Siete diversi dalla maggior parte dei quotidiani nazionali. Perché?

“Gli altri raccontano i fatti, noi spieghiamo il perché. E lo facciamo sapendo che il perimetro della nostra identità è un perimetro unico. Vede, oggi tutti quanti fanno finta di essere contro il populismo. La verità è che per essere contro il populismo bisogna essere contro ogni forma di anticasta o di pulsione su determinati temi, ad esempio la giustizia ingiusta. Come ci insegnano i nostri maestri, c’è pochissima capacità di schierarsi con forza contro quel tipo di populismo”.

Visto che voi non vi limitate a raccontare i fatti, ma a spiegarli, ci spiega perché è in atto questa crisi di governo?

“La crisi nasce perché il governo, sorretto da una maggioranza instabile, ha bisogno necessariamente di un tagliando o di una svolta vera per potersi attrezzare e costruire un percorso che accompagni l’Italia verso un futuro che non sia legato ai prossimi tre mesi, bensì ai prossimi sette anni. Questa era l’unica finestra per rinegoziare tutto”.

Come ne usciremo?

“Con un complicatissimo Conte-ter. Una soluzione difficile, ma senz’altro la meno fragile”.