Un dialogo tra sacralità, storia e contemporaneità utilizzando il linguaggio dell’arte: attraverso il romanzo, la musica e la lettura teatrale. “Dialoghi con Rosalia”, si è tenuto ieri, ai Giardini di Palazzo Reale, l’evento, ideato e promosso dalla Fondazione Federico II, per un viaggio appassionato rileggendo le “coordinate storiche” e umane della Santa eremita Rosalia Sinibaldi.
A dialogare su Rosalia, donna e Santa, il direttore generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso e la scrittrice Giuseppina Torregrossa con le vibranti incursioni musicali del maestro e compositore Marco Betta e la mise en éspace di Orio Scaduto insieme alla promettente Chiara Stassi che hanno introdotto la cronistoria attraverso l’interpretazione teatrale di un testo di Padre Giordano Cascini.
L’evento si è svolto in prossimità dell’uscita dell’ultimo lavoro editoriale “Santuzza e una rosa” dell’autrice siciliana Torregrossa, conosciuta al grande pubblico per successi come “L’assaggiatrice” o “Il conto delle minne”. “Non ho scelto Santa Rosalia come soggetto del mio ultimo romanzo – racconta Giuseppina Torregrossa – ma è stata lei a scegliere me. Mi trovavo a New York e stavo attraversando uno di quei periodi in cui non si ha molta voglia di scrivere. Per varie vicissitudini mi sono imbattuta nel celebre quadro a lei dedicato di van Dyck che si trova al Metropolitan Museum e ho cominciato ad immaginare che dietro quel dipinto potesse esserci tanto altro. Ho fatto diverse ricerche e, partendo da alcuni fatti storici, la fantasia ha fatto il resto. Rosalia è una Santa internazionale. Il suo è un culto presente in tutta Europa. Io la immagino come una picciridda da proteggere. È così entrata nel nostro quotidiano che il sentimento che viene fuori è proprio quello di preservarla, proteggerla da tutto e tutti. Il vero miracolo è che, ancora oggi, ne stiamo parlando con un altissimo coinvolgimento. Nello scrivere questo romanzo ho sentito una forte responsabilità: che non venisse meno la santità di questa donna eccezionale. Non sono mai stata una fervente cattolica ma ne sono stata, senza alcun dubbio, travolta”.
L’evocazione musicale alla Santa, invece, è stata affidata a Marco Betta: ha composto un brano inedito per l’occasione, eseguito pertanto per la prima volta a Palazzo Reale. La scelta del luogo non è stata per nulla casuale. Là dove Rosalia Sinibaldi nobildonna abitava, alla corte di Ruggero II, e da dove fu cacciata perché si rifiutò di sposare un nobile di nome Baldovino, ieri con questo evento è tornata a casa “raccontata” ed evocata attraverso l’Arte.
La devozione alla Santa Patrona di Palermo si diffuse capillarmente e velocemente, esprimendosi in tutte le forme artistiche. Un miracolo, quello dalla liberazione dalla peste, compiuto nel capoluogo siciliano che fece il giro del mondo: colpiti dalla peste nel Seicento, alla Santa si affidarono cittadini di San Paolo del Brasile, di Caracas in Venezuela, di Monterey in California. Incisori, pittori, scultori furono chiamati a celebrare Rosalia con le loro opere, molte di pregiata fattura. Grandi pittori tra cui Calandrucci, D’Anna, Grano, Novelli, Preti, La Barbera, van Dyck oltre a sculture, argenti e manoscritti.
Ma siamo certi che Santa Rosalia fosse venerata solo dai palermitani?
Quella di Rosalia è una popolarità senza confini, merito anzitutto di opere d’arte commissionate in primis ad artisti come Anton van Dyck, con il suo celebre dipinto ad olio dedicato alla Patrona di Palermo, che contribuirono concretamente a diffondere il culto di una Santa “internazionale”. Oggi l’opera si trova al Metropolitan Museum of Art di New York, considerato uno dei primi dipinti europei significativi ad entrare nella collezione del Met.
Tutto questo a dimostrazione del fatto che Santa Rosalia non è, fatto esclusivo, della storia e delle tradizioni siciliane. Le ricerche svolte dalla Fondazione Federico II hanno messo in luce quel processo emigratorio verso la città di Palermo proveniente dall’Alta Lombardia.
Un flusso che si sviluppò, principalmente, nel Seicento. Ciò che ne venne fuori fu una collaborazione volta alla raccolta di offerte in danaro destinate all’acquisto di beni materiali da inviare alle comunità ecclesiali di origine. Fra i doni, si annoverano varie suppellettili sacre in argento, ancor oggi conservate nelle chiese lombarde.
“Il miracolo che fece Santa Rosalia, non fu solo quello di liberare il capoluogo siciliano dalla peste, – dice il Presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno – ma anche quello di far travalicare il suo culto oltre i confini. Santa Rosalia così come Santa Barbara e Sant’Agata sono esempi da seguire per tutti noi. A Palazzo Reale abbiamo fatto rivivere la tradizione religiosa e il culto alla Santa attraverso l’arte”.
“Tanto impegno nella ricerca – dice Patrizia Monterosso, direttore generale – ci hanno svelato una sorpresa quanto sia la grandiosità delle opere attorno alla Santa e alla sua devozione. Una popolarità propagata grazie a grandi dell’Arte, primo fra tutti Anton van Dyck, contribuendo in questo modo a diffondere il culto di una Santa internazionale. Quello per Santa Rosalia è un culto così radicato nel territorio che finisce con il conquistare una tale forza comunicativa capace, nei secoli, di delineare un tratto fortemente diffusivo”.
“La mia composizione Rose per pianoforte creata per l’occasione – spiega Marco Betta – è un’evocazione sonora ispirata ai Dialoghi con Rosalia per accogliere gli echi e le rifrazioni delle conversazioni fra il direttore della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso e la scrittrice Giuseppina Torregrossa. Un’alternanza in un contrappunto di voci e suoni”.