La sensazione, diventata da subito una tesi, è che l’arrivo dei barconi abbia ingigantito o, peggio ancora, provocato l’emergenza sanitaria in Sicilia. “E’ falso”, obietta Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia e deputato regionale dei Cento Passi. “Sappiamo dalle statistiche che la maggior parte dei nuovi contagi e dei nuovi portatori asintomatici del virus è legata ai flussi di ritorno dalle vacanze, specie dall’estero. E mentre Musumeci si arroga il diritto di chiudere i porti, dando ordini ai prefetti e mobilitando l’esercito – sapendo che non è sua competenza – allo stesso tempo sostiene che il monitoraggio degli arrivi negli aeroporti e nelle stazioni marittime è un problema del Ministero dei Trasporti. Così è troppo facile”.
Negli sbarchi di questi giorni, nettamente in rialzo rispetto all’estate scorsa, non ci vede nulla di anomalo?
“Intanto rappresenta un’emergenza per i migranti. Ogni tanto dovremmo ricordarci che si tratta di esseri umani, non di cifre che danzano su un tabellone. E provare a immaginare quale disperazione muove chi attraversa il mare in cerca di un futuro. Detto questo, il problema è che la Sicilia, da sola, non può farsi carico di dare una risposta in termini di aiuto, attenzione, accoglimento, solidarietà. Solo adesso, dopo anni di retorica anti-europeista – poiché le altre nazioni non assumevano le loro quote di migranti come faceva l’Italia – scopriamo che il nostro Paese è fondato sull’istituto dell’egoismo. ‘Not in my garden’. Il problema va risolto sul piano politico, attraverso un ragionamento che non è soltanto di norme o di leggi, ma ritrovando il senso della propria identità”.
Musumeci ha scritto una nuova ordinanza che vieta il transito e la sosta dei migranti sulle coste siciliane, e contestualmente impone lo sgombero di hotspot e centri d’accoglienza. Il Tar l’ha sospesa.
“Credo che in questo Musumeci riveli la sua natura più profonda: non ce l’ha coi migranti, ma vuole il consenso. Si sta muovendo su un terreno ben preciso: ogni voto recuperato a destra va messo nel granaio. Questo mi sembra un fatto positivo: c’è una discriminante chiara non soltanto sulla qualità dell’esecutivo, ma anche sulla struttura e cultura politica di chi oggi governa la Sicilia. Affinché fra un paio d’anni sia tutto privo di veli, imbarazzi e reticenze. I siciliani potranno scegliere cos’è meglio per il loro futuro”.
Accusare un magistrato di essere compiacente, come è avvenuto a Musumeci con la presidente della terza sezione del Tar di Palermo, rientra nel ruolo delle istituzioni?
“Se i magistrati fanno qualcosa di utile alle nostre ragioni politiche, la magistratura è la più nobile delle istituzioni. Se vanno controcorrente, vanno etichettati con la loro casacchina… Ma le sentenze non vanno applaudite, né considerate partigiane. Si può entrare nel merito e criticare la conclusione a cui arriva un magistrato, ma ritenere che quella conclusione sia frutto di un pregiudizio politico, credo sia una caduta di stile e una volgarità. I magistrati, come tutti, possono sbagliare”.
E’ vero che a Lampedusa, oltre che dei migranti, bisognerebbe occuparsi dei collegamenti? Fra navi guaste e portelloni rotti, i turisti e la comunità locale appaiono paralizzati.
“E’ la prima vera emergenza. Se questo servizio non può essere garantito da una società privata che ha avuto una convenzione con la Regione (la Siremar, ndr), il governo prenda i giusti provvedimenti. Rientra tra i suoi doveri urgenti garantire qualità ed efficienza dei collegamenti attraverso la selezione degli operatori”.
Ce ne sono tante di emergenze, e la Sicilia sembra sguazzarci dentro. A cominciare dalla Finanziaria.
“Non si è ancora visto un euro. Gli investimenti a sostegno del turismo si sono rivelati una stella cometa che viaggia verso il futuro, e che gli operatori non riescono mai a intercettare. Se a tutto questo si aggiungono i 600 mila euro stanziati a favore di Dolce & Gabbana per organizzare cinque o sei serate e risollevare il buon nome della Sicilia, la faccenda si fa grave”.
Quel contributo a Dolce & Gabbana è stato già al centro di un suo post polemico sui social. Perché?
“Per due ragioni: la prima è che non c’è un ritorno di immagine. Si tratta di serate costruite in Sicilia e per i siciliani, dove tutto si alza e ricade nel luogo in cui l’evento è stato prodotto. Con un ritorno di redditività prossimo allo zero. La seconda cosa – gravissima – è che D&G di fronte a una crisi di sistema strutturale ed economica e all’aumento della povertà, non possono e non devono farsi pagare dalle istituzioni locali. Al contrario: avendo avuto fortune imprenditoriali di straordinaria generosità, il presidente della Regione dovrebbe chiedere a quelli come loro di mettere mano al portafoglio. Che Dolce & Gabbana abbiano venduto qualcosa alla Sicilia è una cosa molto triste. E per noi rappresenta un atto di subalternità provinciale”.
Altra emergenza: gli incendi. Perché la politica non si è mai mossa per garantire la necessaria prevenzione?
“La domanda è legittima, ma va rivolta a chi ci governa. A coloro che hanno gli strumenti per decidere la qualità e l’indirizzo politico della spesa. Non siamo di fronte a un destino cinico e baro, ma a un’emergenza strutturale. Non ci si può limitare ad allargare le braccia di fronte all’inevitabile. E’ necessario che l’istituto della prevenzione diventi la più grande e urgente priorità fra le opere pubbliche. Assai più urgente del ponte o del tunnel sotto lo stretto di Messina”.
Lei ha già detto che al referendum per la riduzione dei parlamentari voterà no. C’è chi, invece, aspetta l’input dai partiti. E’ possibile che la modifica della Costituzione diventi merce di scambio per ottenere altro? Ad esempio, la riforma della legge elettorale?
“Modificare la Costituzione, trattandola come se fossero cammelli da scambiare, è una cosa ignobile. Va comunque detto che la legge elettorale è un tema urgente. Se questo referendum consegnerà agli italiani il taglio dei parlamentari, e conserverà questa legge elettorale, metterà nelle mani dei leader di partito il potere di vita e di morte dell’istituzione più importante dal punto di vista della tenuta democratica del Paese: cioè il parlamento. Già è una cosa grave, come accade con l’attuale legge, procedere alla nomina di 945 parlamentari: ma è ancora più grave dimezzare i parlamentari e far crescere a dismisura il potere di veto, di indirizzo e di controllo da parte di chi li ha selezionati”.
Cosa serve secondo lei?
“Una legge che restituisca agli italiani la responsabilità e il diritto di scegliersi i parlamentari. E soprattutto un atto di verità civica sulle motivazioni che hanno accompagnato questa riforma costituzionale. Il risparmio dei soldi è un ragionamento becero e offensivo che non tiene conto della funzione prioritaria delle istituzioni in una democrazia. Ritenere che la democrazia debba essere riveduta e corretta per risparmiare un caffè all’anno, è un concetto piuttosto micragnoso. Se proprio ce l’avete con dei parlamentari, smettete di votarli, o non votate più quei partiti. Ma non prendetevela con l’istituzione. Umiliare il parlamento e farlo oggetto di sputi è un modo infantile di indicare la luna e prendersela con il dito”.
Il senatore Candiani, che è anche segretario regionale della Lega, ha proposto la modifica della legge elettorale siciliana, attraverso l’abolizione delle preferenze. Queste, infatti, rischierebbero di generare un “meccanismo clientelare, se non malavitoso”, togliendo libertà ai cittadini. E’ d’accordo?
“Questo rischio c’è da sempre. Ma non sono d’accordo con la soluzione. E’ come se a causa della mafia, che è sempre sull’uscio e pronta a intercettare la spesa pubblica, non spendessimo più soldi. La società deve assolvere il compito di bonificare la spesa dalle interferenze mafiose e il consenso da quelle criminali e clientelari. Questo passa attraverso la selezione degli eletti e dei gruppi dirigenti, dalla capacità di controllo sull’esercizio della funzione politica, dal monitoraggio dell’autonomia della politica rispetto ai centri d’interesse. Blindare le liste e non garantire agli elettori il diritto di scegliersi i rappresentanti, mi sembra una logica rassegnata e rinunciataria. Il voto è scelta, non sudditanza”.
L’applicazione del “campo largo” in Sicilia ha avuto lei come collante per le prossime Comunali. Ma altrove il percorso di riunificazione tra i Cinque Stelle e le forze della sinistra, appare più accidentato.
“E’ un iter complesso, ma necessario. Un percorso che non si può mettere sotto esame solo sulla base dei risultati delle Amministrative e che sta dentro le necessità della politica siciliana, la quale ha bisogno di contrapporre a questo governicchio di destra un’idea complessiva della politica e della Sicilia che non è la somma di due, tre o quattro idee. Vedo disponibilità, buona volontà, e quelli che Berlinguer chiamava i “respiri lunghi”, cioè la capacità di guardare oltre il presente e il proprio ombelico, sia da parte dei gruppi dirigenti del Movimento 5 Stelle che del Partito Democratico. La considero una cosa dovuta e anche possibile. Sono ottimista”.