Non so se sarà una campagna elettorale terribile o – più probabile – terribilmente buffa. Un indizio sulla tendenza buffonesca arriva da un tweet del nostro amato e ormai un po’ sperduto Guido Crosetto, indeciso fra chi è e chi non è, dov’è e dove non è, e così via. Poi ci arriviamo. Torniamo al tweet. Crosetto riprende lo stralcio di un articolo scritto ieri per noi dal sublime Ugo Magri (lo stralcio: «… tutto questo non impedirà a Giorgia Meloni di vincere perché la sua destra populista, sovranista, sfascista è in contatto stretto con la gente. Vive nei ghetti. Affolla le metro. Affoga nella sporcizia. Soffre la delinquenza. Sconta il carovita. Incamera rabbie. Respira veleni. Esala pane e cipolle». E Crosetto ne trae la conseguenza che «a Huffpost non piace il popolo» e chiosa, ironico, sull’opportunità che Meloni prenda «casa a Capalbio».
Colgo l’occasione per dire la mia su Capalbio: un postaccio, ho sempre preferito Santa Severa. Ma, soprattutto, penso basti lo stralcio per comprendere l’opinione espressa da Ugo Magri nella sua analisi: la destra che ci si propone è inguardabile ma se vince è perché sta in mezzo al popolo, magari o senza magari gli dà risposte sbagliate, attizza le sue rabbie, ma vive e ne conosce i disagi, frequenta le periferie mal servite dai mezzi pubblici, sporche di spazzatura mai ritirata, attraversate dallo spadroneggiare di piccoli boss e piccola ma costante delinquenza, stravolte da un’immigrazione mal governata, e tutto questo la destra lo sa e la sinistra no. Alle risposte incendiare della destra, la sinistra oppone risposte moraleggianti, e non soluzioni, perché non conosce quel mondo e ne sta alla larga.
Come abbia potuto Crosetto leggere in quel pezzo – o pure in quello stralcio – una repulsa di Huffpost per il popolo, come abbia potuto ribaltarne completamente il senso per offrirlo come piccola diffamazione al suo fervente seguito di follower, credo sia spiegabile da un po’ d’ansia di prestazione, un po’ di friccico da incombente campagna elettorale, un po’ di quella diffusa indole da influencer nelle pigrizie di un pomeriggio post crisi e ante battaglia. E potrebbe pure finire qui, se il tweet in questione non fosse stato preceduto da un altro del medesimo autore: «È possibile fare campagna elettorale senza sputare sull’avversario, magari mentendo?». Ecco, seguendo Crosetto su Twitter, parrebbe di no, non è possibile.
Per la seconda volta, potrebbe finire qui. Ma mi rimane una domanda da porre al buon Guido. Lui uscì da Forza Italia per fondare F.lli d’Italia con Giorgia Meloni, e poi se n’è andato per ritirarsi a vita privata, sebbene continui a fare vita pubblica. Cioè non è di F.lli d’Italia ma regolarmente difende F.lli d’Italia stando fuori F.lli d’Italia. Si direbbe disponga di una app che squilla non appena uno scrive il nome Giorgia e il cognome Meloni, e lui si precipita a proteggerla, o più raramente a correggerla con profusione di bonomia, già più spesso a individuare supponenze e mascalzonate anche dove non ce ne sono, come abbiamo visto. E lo fa da questo punto d’osservazione di pretesa neutralità, di obiettività garantita dalla distanza, per semplice e ferreo amore per la verità (e l’amore rende ciechi…), ma resa poco credibile da una frequente scompostezza. A proposito di body shaming: per fare la ballerina classica, bisogna averci il fisico.
La domanda è: e Crosetto dove lo metto? Perché fare politica, e fare giornalismo d’opinione, è dire innanzitutto chi si è, dove si sta e che cosa si vuole. Un Crosetto falsario è stupefacente, però ci può stare. Ma un Crosetto finto tonto, proprio non si può sentire.
Ps. Dopo qualche ora, Giorgia Meloni ha rilanciato il tweet di Crosetto. I finti tonti diventano due, ma nessun problema: che il più grande partito italiano punti un piccolo giornale, dice qualcosa del partito e qualcosa del giornale.