Cronaca mesta di un compleanno senza la festeggiata

Giorgia Meloni (foto Mike Palazzotto)

Finisce tutto molto presto, in tempo per un aperitivo da “Panella”, già bar pasticceria del ceto medio riflessivo, ormai in forte difficoltà qui all’Esquilino, orfano anche del traslocante Paolo Sorrentino. I patrioti sono ovunque, tra cornetti e sfogliatelle. Il primo a eleggerlo come ufficio volante di prima mattina è proprio il ministro Francesco Lollobrigida, tra carambole di caffè corretti alla crema e incontri schermati dallo staff. “Oggi non è aria, lasciate in pace Lollo”. E in effetti eccolo più tardi: “I talk di sinistra e di satira sono un amuleto per noi”. Finisce tutto molto presto al teatro Brancaccio perché alla festa di compleanno (del governo, un anno) non si è presentata la festeggiata. Semplice.

Alla fine infatti è scattato il piano B. L’opzione videomessaggio. Era stato registrato – per scrupolo e decisione già quasi presa – dalla premier sabato pomeriggio alle ore 18 del Cairo, prima di volare in Israele per tornare poi ieri mattina in Italia, a Roma, a casa. “Mi spiace non essere con voi, ma sono un essere umano anche io”, dirà dai maxischermi. Seguiranno cinque minuti d’intervento e invettiva personale durissimi: “Noi siamo il nemico da abbattere perché noi siamo uno specchio, uno specchio della loro meschinità”. E ancora: “La cattiveria e i metodi che usano per indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima”. Parla di lotta nel fango e di tentativi di farle perdere i nervi. Ce l’ha con “Striscia la notizia” e dunque anche con Mediaset?

Insomma, poco prima di mezzogiorno, il caso Giambruno è riaperto, qui davanti a tutti, per intenzione della protagonista: con la sua assenza e con queste parole fatte recapitare alla sua comunità, così protettiva e discreta. Dopo il videomessaggio standing ovation, inno di Mameli, “A mano, a mano” di Rino Gaetano e tutti a casa. Insomma, Giorgia se n’è ghiuta e soli ci ha lasciato?“E’ giusto che stia con la figlia”, dice Guido Crosetto dando la notizia del forfait, con un enorme e sottinteso, come si dice a Roma, famo a capisse. Continua su ilfoglio.it

Simone Canettieri per Il Foglio :

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