Pudore volant, scripta manent. Lo sbiancamento anale di Rosario Crocetta diventa materia processuale. E’ un anestesista dell’ospedale Santa Sofia ad averlo tirato fuori di fronte al pm Giacomo Brandini, nell’ambito del dibattito che vede imputati Matteo Tutino e Giacomo Sampieri, rispettivamente – all’epoca dei fatti – primario di Chirurgia plastica e commissario nel nosocomio di Palermo.
Dello sbiancamento (richiesto e mai ottenuto) di Crocetta si è discusso ampiamente, persino nel corso di un’intervista a “La Zanzara” su Radio 24, in cui l’ex presidente della Regione asseriva di non averlo mai fatto: “Sin da bambino preferisco l’abbronzatura integrale”. Un chiacchiericcio di popolo diventato sin da subito leggenda metropolitana. Che ora si evolve in qualcosa di diverso. Perché Antonio Iacono, il suddetto anestesista, ha deciso di raccontare la sua verità: l’intervento, già programmato da Tutino, non si sarebbe svolto a causa della protesta degli infermieri. Se confermata, la tesi dell’anestesista darebbe forza all’impianto accusatorio, secondo cui Tutino avrebbe eseguito a Villa Sofia degli interventi di chirurgia plastica proibiti in una struttura pubblica.
Ma più che l’ex primario, è Crocetta – assieme ad alcune delle sue abitudini un po’ strambe – ad essere finito alla berlina. Sempre in quella famosa intervista a “La Zanzara”, concessa nel luglio 2015, l’allora governatore si difese dall’accusa di avere un debole per il chirurgo: “Tutino? Non è il mio tipo, non mi piacciono i borghesi. Ma si può dire questo di un presidente? Lo dicono perché sono omosessuale, se ero etero non mi avrebbero dilaniato in questo modo. Hanno detto che ero l’amante di Tutino, il mio medico. Ma gli uomini così non mi piacciono. Tutino è macho, borghese, mentre io sono pasoliniano e non c’entro nulla con lui”.