Il ruolo dell’Esa è cambiato. Colpa dei tempi che corrono, dell’incedere della tecnologia, degli aiuti europei. Il fatto che l’Ente Sviluppo Agricolo sia una partecipata della Regione, una delle tante, ha contribuito ad alimentare la tesi del “carrozzone da chiudere”. Anche il governatore Nello Musumeci, nella sua arringa social di qualche settimana fa, ha perorato questa causa. Il governo aveva invocato la sua soppressione – meno Forza Italia – ma la norma alla fine non è comparsa fra i dieci articoli del “Collegato” approvato a Sala d’Ercole.
“Non era altro che un titolo – sentenzia Antonello Cracolici, deputato regionale del Partito Democratico – Una norma scritta coi piedi da chi non sa di cosa parla. E’ sparita perché c’è uno scontro dentro la maggioranza. Qualcuno pensa di poter spremere l’Esa finché può, affidando qualche incarico a destra e a manca. Qualcun altro, invece, vuole eliminarlo per mettere una nuova tacca sul cinturone. Della serie, “ho sciolto un ente”. Sia gli uni che gli altri non fanno l’interesse nel mondo agricolo né dell’Amministrazione regionale”.
Secondo Cracolici, che fra le numerose mansioni in Regione vanta quella di assessore all’Agricoltura, la “funzione storica dell’Esa è esaurita. Nacque per gestire la riforma agraria, quindi per assegnare i latifondi agli agricoltori e ai contadini, e per offrire ulteriori servizi come la manutenzione delle stradelle d’accesso alle terre. Ma oggi non ci sono terre da assegnare e la viabilità rurale potrebbe rientrare fra le competenze del Dipartimento Sviluppo Rurale, lo stesso che gestisce i Forestali. Per questo dico che l’Esa, così com’è, non serve a nessuno. Ma se verrà soppresso, avrà bisogno di un dopo. Altrimenti è come se rinunciassimo a svolgere una funzione di sostegno nei confronti di un settore economico già martoriato”.
Cracolici si schiera quindi dalla parte dei rottamatori, e sostiene anche un diverso utilizzo delle risorse umane: “Oggi questi lavoratori (circa 700, ndr) si occupano di attività di manutenzione a favore dei comuni, ma non esiste una reale programmazione degli interventi. I mezzi sono quelli che sono e il parco uomini è sempre più adulto. E’ chiaro che questo elemento implica l’inefficienza del servizio. Bisogna dare all’Esa un nuovo piano industriale e far diventare questo ente di vero supporto agli agricoltori nel campo della ricerca e dell’assistenza tecnica, e non facendolo rimanere un pachiderma. Bisogna spingere su innovazione e agroalimentare. L’Esa potrebbe occuparsi, ad esempio, anche delle istruttorie per il credito agrario, con una nuova filosofia e una struttura tipica delle banche, senza elargire soldi a fondo perduto, come è avvenuto spesso col fondo di rotazione che serviva solo a far contenti gli amici”.