Così precipitano i professionisti della trasgressione

Un battesimo, una mano sul pene, l’uomo pink e un culo che fa ciao. Sul palco dell’Ariston c’è chi se ne inventa una più del diavolo per mettere in scena una trasgressione fasulla, giocata su miti ormai demodé. Sono i “nuovi mostri” della rivoluzione: cantanti, ospiti, conduttori che come ogni anno regalano agli spettatori “perle di novità” malriuscite, decise a tavolino mesi prima.

Primo fra tutti il vero e unico performer del festival, Achille Lauro, che se negli anni passati ha saputo stupire i fan con le sue fantasiose provocazioni – basti pensare alla trasformazione in David Bowie pioniere della moda genderless, in Elisabetta Tudor, la “regina vergine” o ancora al suo torace trafitto da spine di rosa, che si fa metafora della lotta agli haters e ai pregiudizi.

Ma non si tratta solo di travestimenti che Lauro sceglie per far parlare di sé, bensì della volontà di mettere il proprio corpo in pasto agli squali, trasformandolo in un’opera d’arte. Il progetto artistico del cantante mira a una rappresentazione spettacolare delle minoranze, in modo da risarcirle dei danni subiti, come se fosse una sorta di “riscatto sociale”.

Una parentesi a parte andrebbe fatta per i testi delle sue canzoni, irriverenti e sfrontati, volti spesso a rivelare verità scomode sul presente, che il perbenismo ipocrita si rifiuta di ascoltare. Il brano dell’anno scorso “Rools Royce” è stato accusato di essere un inno alle droghe.

Sono soprattutto i giovani a far salire gli ascolti – difficile trovare un diciasettenne – che non si ispiri al cantante e al suo coraggio. Sì, perché ci vuole coraggio da vendere ad essere Achille Lauro, che da solo riempie le testate giornaliste dell’intero periodo sanremese. Infatti Amadeus se l’è tenuto ben stretto per tutte le edizioni!

Quest’anno lo scivolone: il battesimo di Lauro in diretta. Nella prima serata, l’artista, vestito solo dai suoi tatuaggi, e accompagnato dall’Harlem Gospel Choir si esibisce con la canzone “Domenica”, che allude al giorno del Signore. Fan stupiti dal vedere il loro beniamino spogliarsi degli abiti di scena per interpretare se stesso e la sua rinascita. Nessuno però sembra averci fatto caso più di tanto, tutti concentrati sul colpo di scena finale: il battesimo. Il gesto blasfemo ha suscitato l’ira della maggior parte del pubblico cattolico, che non si è esentato dal far piovere critiche in rete e in tv, facendo proprio il gioco di Lauro. In particolare, a farsi portavoce della comunità cattolica, è l’arcivescovo di Sanremo Antonio Suetta, che definisce l’esibizione “penosa, un raglio d’asino che non sale al cielo”. E accusa inoltre il servizio pubblico di trasmettere e quindi di promuovere la profanazione di un segno sacro. Rincara la dose il cardinale Gianfranco Ravasi che su Twitter scrive: “Il Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio.”

Anche stavolta Lauro è l’argomento centrale del festival – superando persino gli onnipresenti Måneskin –. Su Facebook parte la critica pesante di Andrea Scalzi: “Achille Lauro non ha voce, non ha talento musicale, non ha testi. Lacune innegabili, che non vorrebbero di re molto per uno che il carpentiere o il maniscalco, ma che paiono abbastanza dirimenti per uno che si definisce (o definiscono) “cantante”.” Ma Lauro lo sa: di un artista si può parlare bene o male, basta che se ne parli!

Tuttavia, siamo sicuri che quella che ci spacciano per trasgressione lo sia? Il gesto “incriminato” è carne trita e ritrita a cui il pubblico generico si è forse stancato di assistere, a prescindere dalle sue credenze religiose. A circolare sui social è la voce che il cantante “avrebbe dovuto far di meglio, piuttosto che ridicolizzare di nuovo la Chiesa e farsi bello alle spalle della sensibilità dei credenti.”

Se gli anni precedenti Lauro ha dato una scossa alle “mummie” dell’Ariston (fra le azioni più eclatanti ricordiamo il bacio con Boss Doms, che è stato un importante messaggio a favore delle unioni civili), oggi sembra avere mancato l’obiettivo. L’artista ha spiegato che si è trattato solo di mettere in scena la sua rinascita, ma anche in questo caso il messaggio è apparso privo di originalità. Ha poi tentato di riprendersi durante la terza serata: alla fine dell’esibizione si sbottona, apre la zip dei pantaloni, mostra le mutande e infila appena la mano per toccarsi il pene. Benché tutti aspettassero un gesto sconvolgente, non è arrivato. Anche Lauro, quest’anno sembra dunque essersi chiuso in un “finto rivoluzionarismo”, che non sortisce alcun effetto oltre a far scaldare qualcuno, tra cui gli indignatissimi Adinolfi e Pillon.

Parlando di gesti “finti rivoluzionari”, la 72 ° edizione ne è piena, grazie all’entusiasta partecipazione dei cantanti in gara. Sembra che quest’anno a dominare la scena non siano tanto le canzoni ma le azioni, complice il FantaSanremo che ha messo in atto una vera e propria “guerra” tra i cantanti e un maggiore avvicinamento di questi ultimi al pubblico, anche tramite i social. Ritorna dunque il gioco sul Festival, ideato da un gruppo di ragazzi marchigiani. Ma in cosa consiste? Ogni giocatore ha a disposizione 100 ‘Baudi’ (in onore di Pippo Baudo) con i quali può comprare 5 cantanti (fino al giorno precedente all’inizio del festival), che saranno la sua squadra e fra questi nominare un capitano. Il vincitore sarà colui che alla fine del festival avrà totalizzato più punti. Il regolamento del FantaSanremo, è stato istituito dalla FIF (Federazione Italiana FantaSanremo), ricalcando dunque quello del fantacalcio. I gesti semplici o “provocatori” rivolti alla platea valgono dei punti, ad esempio un bacio sulla guancia durante l’esibizione ne vale 5, la “scapezzolata” ne vale 10, un saluto alla zia Mara 20, e poi c’è il Superbonus da 50 punti per l’artista che dice la parola “Papalina” sul palco Tra i più attivi nel gioco troviamo il sempre giovane Gianni Morandi, Michele Bravi e Sangiovanni.

Ma i gesti che hanno suscitato scalpore (a parte quelli del solito Lauro) sono da attribuire alla Rappresentante di Lista che oltre a salutare col culo (“E con le gambe, con il culo, coi miei occhi ciao!”) porta il “comunismo” sul palco esibendo il pugno chiuso, aprendo anche in questo caso un lungo dibattito fra gli ascoltatori. Ci si domanda: sul serio la parola culo nel 2022 è ancora un tabù? Per non parlare del pugno chiuso, non sono né i primi né gli ultimi che la buttano sulla politica.

Segue il simbolo della vagina fatto da Emma mettendo le mani a triangolo, emblema di liberazione femminista e di protesta nato niente poco di meno che negli anni settanta, probabilmente apparso per la prima volta sulla copertina della rivista femminista Le torchon brûle e ora ripreso accompagnato dalle parole del suo brano “Ogni volta è così: “È sempre la stessa storia, siamo sante o puttane”  ̶   canta l’artista fiorentina. Non si tratta solo di una canzone d’amore, bensì di un invito ad accettarsi per quello che si è, senza arrendersi all’omologazione, un invito rivolto non solo alle donne, ma a tutti, come lei stessa tiene a sottolineare.

Se l’intento di Emma è nobile, il suo “gesto vaginale” non è di certo innovativo né trasgressivo, nonostante l’immotivato sdegno dei conservatori. La solidarietà nei confronti dei movimenti femministi è inoltre uno degli aspetti su cui la cantante poggia la sua popolarità mediatica. Emma continua la sua rivendicazione sull’essere fedeli a se stessi e sull’accettazione del proprio corpo, per quest’ultimo continua a ricevere critiche dai maniaci del fisico scolpito, incapaci di vedere più in là del loro involucro. Di recente Emma ha dichiarato, in un’intervista condotta da Maria De Filippi per il settimanale D, di fregarsene dei giudizi sul suo aspetto fisico. È anche per la sua schiettezza infatti – oltre che per la voce intensa – che il grande pubblico la osanna.

Non solo si è assistito a gesti iconici spacciati per trasgressione, ma a rovinare la cornice di una presunta liberazione dagli stereotipi di genere a favore dell’uguaglianza, ci si mettono i consueti fiori consegnati da Amadeus solo alle donne, nonostante le discussioni degli anni precedenti. A protestare silenziosamente è di nuovo Francesca Michelin che cede il mazzo al primo violino, ringraziando simbolicamente tutta l’orchestra; insieme a lei spicca Iva Zanicchi che rimprovera Amadeus per aver tentato di accompagnarla fuori dopo l’esibizione: “Guarda che posso uscire da sola!” – gli dice indispettita.

Per non parlare della solfa del conduttore e delle “vallette” che il “buon Amadeus” ha scelto fra le “professioniste” nei vari ambiti lavorativi: Ornella Muti, Loredana Cesarini, Drusilla Foer, Maria Chiara Giannetta e Sabrina Ferilli.

Perché ridurre le donne a delle Vallette? Perché non avere finalmente una conduttrice? Per descrivere la sua esperienza al festival la Muti, ha usato, fra gli altri, il termine “fatica”. “Certo, perché è faticoso sopportare di dover essere messa in mostra senza poter dire né fare granché” – si commenta in rete.

Capitolo a sé per Loredana Cesarini: quando una donna nera potrà essere invitata per parlare di ciò che desidera invece che del colore della sua pelle? Il finto buonismo si prende a pugni da solo. Per di più la Cesarini è stata interrotta, come per farle capire di dover tagliare corto.

A smascherare l’anticonformismo contraffatto dell’Ariston è senza volerlo Checco Zalone. Le sue battute hanno sollevato un polverone nella comunità lgbtqi+, non ci stupisce che accanto ai soliti hashtags come #Sanremo2022 e #DietroLeQuinte a dominare sul web sia #CheccoZalone. Luxuria asfalta il comico con un tweet: “Perché parlare di trans sempre abbinandole alla prostituzione? Va benissimo la critica all’ipocrisia dei falsi moralisti ma si può fare di meglio evitando le solite battute sugli attributi sessuali (rima con “azzo”) e il numero di scarpe (48). Meglio ridere che deridere.”

Attesissima la “presunta” svolta della terza serata, che ha visto come protagonista Drusilla Foer, prima co-conduttrice en travesti nella storia di Sanremo. La diva toscana dalle pose aristocratiche, ha saputo catturare l’attenzione di tutti oscurando Amadeus.

“Sono venuta qua per cantare, lei mi fa fare la valletta?” –  dice la Foer appena entrata, facendo forse una sottile critica al ruolo di secondo piano destinato alle donne.

Così, Drusilla capovolge il suo ruolo e butta fuori il conduttore dal palco, chiedendogli pure la cortesia di sfilarle i guanti e di portare fuori i caffè, esclamando subito dopo: “Ottimo servizio!”

Impazza sui social il suo botta e risposta con Iva Zanicchi, riportato tuttavia in moro errato:

–  Quanto sei alta!  –  le dice Iva.

–  Più di te – risponde Drusilla.

–  Ha anche altre cose più di me! – controbatte.

–  Tante cose. Sono colta. – conclude prontamente Drusilla.

In realtà è Iva Zanicchi a suggerirle la parola “colta”, cambiando completamente i toni della faccenda che da spigolosa diventa ironica e giocata da entrambe le parti.

A conclusione della serata Drusilla fa emozionare l’Ariston con un monologo sul concetto di unicità: “Diversità non mi piace […] Le parole sono come le amanti quando non si amano più vanno cambiate subito. Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. […] tentiamo il vero atto rivoluzionario, che è l’ascolto, di se stessi e degli altri.”

Peccato che il monologo sia stato trasmesso all’una e mezza di notte, sottolineando anche qui un finto progressismo.

Oltre a ciò, il pubblico ha constatato la presenza degli “originalissimi” Pink Men, cantanti vestiti di rosa, un colore unisex (come tutti gli altri) spacciato per “femminile”. Non è credibile sfidare le convenzioni indossando un capo rosa confetto o tingendosi le unghie. Eppure in questa edizione Dargen D’Amico, Aka7even, e Sangiovanni non hanno saputo fare di meglio.

Infine qualche nota positiva (ce ne sono state tante e l’indice di ascolti lo dimostra) in mezzo alle barzellette: i duetti tra Mahmood – Blanco; Dito nella piaga – Donatella Rettore, il primo canta una canzone che ha commosso tutta l’Italia arrivando in vetta alla classifica nella terza serata. In un articolo su Domani, Jonathan Bazzi racconta così l’esibizione: “Riccardo/Blanco ha agguantato Alessandro/Mahmood con un impeto di rabbia e tenerezza violando la legge non scritta che proibisce ai maschi “normali” di giocare all’amore tra uguali”; le seconde mostrano una grande complicità fra donne di generazioni diverse (a coronazione dell’idea ben riuscita del conduttore di mischiare artisti giovanissimi con i monumenti della canzone italiana). Un’altra immagine memorabile – a detta degli spettatori  –  è stata quella che ha visto protagoniste la maestra d’orchestra Francesca Michelin a supporto dell’amica Emma Marrone. Nella terza puntata Emma le dedica il verso “Come sei bella nessuna mai, nessuna più di te”.

Insomma, fino alla terza serata la più trasgressiva è stata Orietta Berti, che con i suoi vestiti allucinati, vistosi e super colorati (la rosa e le spine; Via col Vento, il piumino da cipria) ha sorpreso proprio chiunque!

E poi? E poi il colpo di scena della quarta serata: l’Ariston balla fino a notte fonda le cover anni ’60, ’70, ’80 e  ’90. Il parterre non ha smesso un attimo di dimenarsi, insieme ai cantanti sul palco. I più trascinanti? Senza dubbio Gianni Morandi e Jovanotti, che si scatenano con un medley dei loro successi più celebri, da “Occhi di ragazza a “Penso positivo”, guadagnandosi una standing ovation. Non contento Amadeus, particolarmente euforico, fa replicare lo show a fine serata. Cantano tutti! E pensare che l’anno scorso le sedie del teatro non erano riempite che da tristi palloncini. I sorrisi della gente, l’eccitazione, la voglia di vita che trasuda dai loro corpi in movimento ci fa credere che il festival possa essere un segno di ripresa. “È bellissimo vedere una platea così viva. […] È il momento che la musica dal vivo riparta” commenta Veronica Lucchesi di La Rappresentante di Lista, dopo essersi esibita con effetti speciali in “Be my baby” di The Ronettes. Forse, come dice Amadeus, Sanremo ha dimostrato in questa occasione di essere veramente “il festival della felicità”.

Nessuno si aspettava che Sanremo potesse essere così divertente e invece? Dopo l’esilarante spettacolo di Fiorello della prima serata (memorabile la sua interpretazione della mamma siciliana che strilla “stile Måneskin” dal balcone per chiamare il figlio: “Salvuuuccio veni ‘ccaaaa”), è il turno dell’esplosiva Maria Chiara Giannetta, attrice nota per aver interpretato Blanca nella serie omonima su Rai 1, tratta dai romanzi di Patrizia Rinaldi (Edizioni E/O) e ora approdata anche su Netflix. L’attrice si è distinta per il suo temperamento, simpatia e bravura. Ha divertito il suo dialogo d’amore recitato con Maurizio Lastrico, basato sui testi di alcune delle più famose canzoni italiane, da “Parole Parole” a “Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente”, passando per “Cerco un centro di gravità permanente”, “Il mio canto libero” e tante altre. Alla fine della performance il teatro si riempie di immagini, sono i volti dei cantanti citati dai due attori. Un bellissimo tributo alle nostre canzoni che il pubblico ha applaudito con fervore. «C’è la storia della musica italiana all’Ariston!», enfatizza Amadeus.

Toccante la scena fra la Giannetta e i suoi “guardiani”, ovvero persone straordinarie non vedenti che l’hanno aiutata a calarsi nel personaggio di Blanca, una giovane consulente della polizia, diventata cieca a seguito di un incendio. I “guardiani” le hanno insegnato che ogni tanto fa bene fermarsi, le hanno insegnato a chiedere aiuto, a non avere paura e che un amico a quattro zampe può diventare una famiglia. L’attrice invita gli spettatori a chiudere gli occhi, a sentire il loro respiro, i rumori intorno, il sapore nella loro bocca, per scoprire – come ha fatto lei – che vi è molto di più oltre ciò che si vede.

La Giannetta è stata la vera rivelazione di Sanremo 2022.

È anche la serata delle tenerezze: gli abbracci scambiati fra Mahmood e Blanco, tra Gianni Morandi e Jovanotti; il tenersi per mano di Emma e Francesca Michelin o di Elisa ed Elena D’Amario scendendo le scale; le fedi dei nonni di Michele Bravi ed infine l’encomiabile gesto di Achille Lauro nei confronti di Loredana Berté, con cui canta “Sei bellissima”. Al termine dell’esibizione Lauro offre un’altra versione inedita di se stesso, consegnando alla Berté un mazzo di rose e una lettera di scuse, indirizzata non solo a lei ma a tutte le donne, in cui riscrive al maschile il testo della canzone: “Che strano uomo sono io, incapace di chiedere scusa, perché confonde il perdono con la vergogna. Che strano uomo sono io, che ti chiama pagliaccio perché pensa di dover combattere ciò che non riesce a raggiungere. Che strano uomo sono io, capace solo di dire ‘sei bellissima’ Perché ancora ha paura di riconoscere il tuo valore. Stasera, ‘per i tuoi occhi ancora’, chiedo scusa e vado via.”

A questa lettera la Berté risponde poco dopo con un tweet, esprimendo verso Lauro parole di gratitudine e stima: “La tua lettura mi ha davvero commossa, sei un’anima sensibile. Questo ricordo lo porterò per sempre con me.”

Ma non è finita qui! Cambio di rotta per il conduttore, che finalmente comprende che i mazzi di fiori possono essere donati a tutti a prescindere dal loro sesso…

La serata è stata un susseguirsi di sorprese, come l’atteso ritorno del maestro Beppe Vessicchio, subito acclamato dal pubblico più dei cantanti; l’eccentrica performance di Gianluca Grignani che canta “La mia storia tra le dita” camminando fra la platea in subbuglio, mentre Irama, in duetto con lui, lo insegue disperatamente; le flessioni di Rkomi e Amadeus sul palco (dopo pochi secondi il conduttore, esausto, chiede di mandare la pubblicità!); il commento tagliente sul televoto di Dargen D’Amico, che esorta il pubblico a fare una “votazione seria” alludendo a ciò che è accaduto durante le recenti elezioni; la sensualissima anzi “sessualissima” esibizione di Tananai e Rosa Chemical che hanno cambiato il testo della canzone “A far l’amore comincia tu” della Carrà: “Scoppia, scopami, mi scoppia il cuor”. “Stava per scapparci un limone” – commenta qualcuno sui social. La caduta del cameramen e della tazzina di caffè della terza serata non sono nulla rispetto a queste goliardiche improvvisate!

È stata la serata degli “irrefrenabili”, che Amadeus, nonostante la sua capacità di gestione del palco, non è riuscito appunto a frenare! È stata la serata dei grandi artisti del presente e di quelli che non ci sono più, tra cui: Alex Baroni, Pino Daniele, Luigi Tenco, Milva, Stefano D’Orazio, Lucio Battisti, Raffaella Carrà e altri.

“La più bella serata di tutte – commenta Serena Bortone – Estasi musicale e interpretativa. Se dovessi scegliere il vincitore entrerei in un’ansia psichiatrica.”

Arriva Dj Massimo Alberti, il teatro Ariston è una festa. “This is the rhythm of the night!”

Gianni Morandi e Jovanotti vincono la serata delle cover e la festa ricomincia. È mai finita?

Contro le previsioni, Sanremo si è svegliato! Ci si aspetta un finale col botto!

Sara Manuela Cacioppo :

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