Come fa uno che perde sempre ad essere considerato il migliore? Cinque sconfitte nelle ultime sei partite – le prime dal suo ritorno a Palermo – non sono bastate a mettere in discussione la gestione tecnica di Eugenio Corini. L’ex centrocampista, oggi allenatore dei rosanero, rimane saldamente in panchina. Dopo un inizio così così, il Palermo degli sceicchi ha perso smalto e non riesce a imbroccarne una. Colpa dei “nuovi arrivi”, che faticano a ingranare; colpa dell’allenatore, che non li ha messi nelle condizioni di rendere al meglio.
Dove inizino le responsabilità di Corini e dove quelle della società non è per niente chiaro. Così il direttore generale Giovanni Gardini, l’uomo che funge da collegamento con Manchester, ha provato a buttare acqua sul fuoco: “La fiducia in Corini – ha detto in conferenza stampa – nasce nel momento della sua scelta ed è stata quella migliore. Un progetto di lungo periodo come quello costruito con la nuova proprietà non può essere valutato in un periodo di tempo così limitato”.
Vero, verissimo. Se non fosse che City Group ha già fatto fuori l’uomo dell’ultima promozione: quel Silvio Baldini che, all’indomani del cambio di proprietà, non ha più avuto le mani libere per costruire la squadra dei sogni e, anzi, ha visto il progetto scivolargli via. E’ stato Baldini a impuntarsi e andarsene, ma il club non ha fatto nulla (o quasi) per fargli cambiare idea. Secondo la visione centralista made in England, tutto deve passare da Manchester. In questo modo City Group ha costruito le sue fortune altrove (in Spagna, in Francia, in Inghilterra), e così vorrebbe fare anche a Palermo. I risultati degli ultimi tempi, però, rischiano di guastare il rapporto con l’ambiente, che aveva raggiunto i massimi storici durante i playoff dello scorso campionato.
Corini è un professionista navigato, che in passato ha saputo creare feeling con la piazza grazie a giocate sublimi. Ma in panchina è tutta un’altra storia. Il tempo che gli hanno concesso, nonostante 5 sconfitte su 6, è un privilegio di cui pochi allenatori, nel calcio di oggi, possono disporre. Ma la pazienza dei tifosi, no: quella va guadagnata giorno per giorno. E servirebbe un segnale, o magari un mea culpa vero e sentito, per aprire spiragli d’intesa.