I problemi per Musumeci potrebbero non essere finiti. Ma stavolta non c’entrano i vaccini, Né le intercettazioni sulla sanità. Bensì i conti della Regione. L’approvazione della Finanziaria ‘monca’, che solo in parte ha tenuto conto delle restrizioni imposte dall’accordo Stato-Regione (ad esempio, è saltato il taglio delle pensioni di regionali), era solo un pezzo del puzzle. Il meglio, direbbe qualcuno, deve ancora venire. La Sicilia, infatti, è sempre in attesa dell’udienza di parifica del rendiconto 2019, quello che permette di accertare gli avanzi, ma soprattutto i disavanzi di amministrazione. Semmai i giudici contabili – come appare probabile – dovessero riscontrare un ‘buco’, la manovra approvata un paio di settimane fa andrebbe ‘corretta’ con un assestamento di Bilancio: significherebbe dover applicare nuovi tagli, mutilando i capitoli di spesa (già precari).
I ritardi della Corte dei Conti, secondo alcuni rumors di palazzo, non sono casuali, bensì legati a “gravi irregolarità” che per il momento, però, nessuno sostiene di conoscere nel dettaglio. L’unica cosa certa è che una data per il giudizio di parifica non c’è ancora. L’attesa dovrebbe protrarsi (almeno) fino alla seconda metà di maggio. Il verdetto, che rischia di condizionare l’utilizzo delle poche risorse disponibili – e che pertanto non costituisce un mero passaggio burocratico, ma rischia di avere refluenze sulle sorti dei siciliani – arriverà con circa un anno di ritardo rispetto al consueto iter. I rallentamenti sono dovuti in parte alla scomparsa di Luciana Savagnone, ex presidente della Sezione di Controllo, ma soprattutto alla scarsa chiarezza dei dati forniti dalla Regione, che lo scorso 1° dicembre avevano costretto i giudici a dichiarare l’irregolarità di ben 319 milioni di euro di residui attivi, a causa del superamento della soglia del 2% costituita dall’errore massimo tollerabile.
E’ successo che su un campione di 66 voci analizzate (del Bilancio ne fanno parte 8.300), i magistrati abbiano rilevato 13 errori. I residui attivi sono ‘presunte entrate’ che i funzionari dei vari dipartimenti – Formazione professionale e Infrastrutture su tutti – avrebbero dovuto cancellare negli esercizi precedenti. Lo stesso Musumeci si è arrabbiato molto perché l’errore “assume rilievo sia sul piano amministrativo che politico”. Per questo “appare indispensabile accertare le responsabilità in capo ai dirigenti generali ed ai relativi dipartimenti che hanno contribuito a determinare la necessità del ritiro”. Il governatore, che ha preteso un’indagine interna, ha parlato di sbagli “non giustificabili alla luce delle conseguenze prodotte”. La prima, immediata, è stata il ritiro del rendiconto in autotutela da parte della giunta. Nella storia non si era mai verificato un episodio simile.
L’assessore Armao, dopo aver spiegato che la negligenza dei dipartimenti avrebbe avuto un “impatto neutro” sui risultati di amministrazione ma nessuna ricaduta sull’iter del Bilancio (quello del 2021, infatti, è stato approvato senza attendere la parifica), ha provato a far ricadere l’errore sulle precedenti gestioni, ricevendo un’ammonizione da Cracolici (Pd): “Voler confondere con l’argomento che si tratterebbe di residui 2016 e 2017 – disse qualche tempo fa l’esponente dem – è la dimostrazione che non sanno di cosa parlano. Il riaccertamento dei residui viene fatto ogni anno e quindi vorrebbe dire che da tre anni hanno continuato a fare riaccertamenti irregolari. Emergono adesso semplicemente perché questi accertamenti sono stati individuati e verificati a campione dalla Corte dei Conti. La cosa paradossale è che a questo punto il disavanzo del 2019 non si conosce, l’unica cosa certa è che potrà solo aumentare rispetto a quello coperto con il bilancio 2020”.
Inoltre, il governo non sembra aver esercitato il massimo del controllo per prevenire questi strafalcioni. Durante le prime ore di dibattito sulla Finanziaria, il deputato del Movimento 5 Stelle, Nuccio Di Paola, ha ritirato fuori un decreto presidenziale del 2019, in cui Musumeci – per ovviare al disastro dei conti – affidava un incarico di consulenza alla società Kibernetes, dal valore di 36 mila euro, per provvedere al riaccertamento straordinario e, quindi, all’individuazione dei residui. Ma a che è servito? I consulenti avrebbero dovuto accorgersi che qualcosa non andava, ma i risultati dicono l’opposto. Il ritardo nell’approvazione del rendiconto (nella versione corretta) ha determinato il rinvio dell’udienza di parifica e innescato un circolo vizioso dentro il quale ci troviamo tuttora: c’è o non c’è un nuovo disavanzo da colmare? Probabilmente c’è. O meglio, ci sarà.
Nessuno sa di quanto. Si dice (sui giornali) un centinaio di milioni, ma qualche settimana fa, parlando con Buttanissima, il segretario regionale della Cgil Mannino ipotizzò si trattasse di quattro volte tanto. Sarebbe un bel problema. Nell’ultimo Bilancio approvato dall’Ars, infatti, sono stati accantonati “prudenzialmente” solo cento milioni, a copertura del disavanzo presunto. E lo stesso Armao, il 25 febbraio in seconda commissione, ha spiegato che è stato previsto per il 2021 un fondo di 100 milioni per far fronte a eventuali coperture del disavanzo che dovesse derivare da quello non recuperato degli anni precedenti, anche se gli elementi in possesso dell’amministrazione fanno ritenere che “la quota prescritta di disavanzo per il 2020 risulti recuperata”. In ogni caso, questo accantonamento “prudenziale” potrà essere utilizzato in occasione dell’assestamento tecnico “che verrà operato nell’esercizio 2021 sulla base del giudizio finale di parifica sul rendiconto 2019”.
Dopo il ritiro del rendiconto a gennaio, il 5 marzo la giunta ri-approva il documento: “L’attività di verifica e controllo condotta dagli uffici regionali – si leggeva in una nota di Palazzo d’Orleans – ha portato alla cancellazione di consistenti residui attivi di risorse vincolate, derivanti da trasferimenti extraregionali, e di alcuni residui passivi”. Il rendiconto “è stato approvato nei tempi previsti dopo avere effettuato le necessarie verifiche. Adesso sarà immediatamente trasmesso alla Corte per il giudizio di parifica”, affermava l’assessore all’Economia, Gaetano Armao. Ma da quel giorno è trascorso quasi un mese e mezzo. Il governo, senza aspettare gli esiti della parifica e dopo aver consultato il ragioniere generale (che ha dato l’ok sotto un profilo giuridico), ha scelto di procedere con la sessione di bilancio. Ha giocato al buio. Senza conoscere, né immaginare le conseguenze. Sperando che quel ‘centone’ messo da parte come tesoretto, possa bastare a riequilibrare tutto. Fra l’altro, qualora venisse appurato un nuovo disavanzo, andrebbe coperto nei prossimi tre anni, non in dieci (come è avvenuto, grazie alla concessione dello Stato, col miliardo e settecentomila euro di deficit rinvenuto nel 2019).
I “se” sono talmente tanti che è impossibile dormirci la notte. Eppure il dibattito si è arenato. L’Ars ha approvato la sua Finanziaria (poverissima di risorse) nonostante il cartellino giallo sventolato dalla presidente facente funzioni della sezione di Controllo della Corte dei Conti, Anna Luisa Carra, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario: “Le norme prevedono che il rendiconto sia approvato per portare i saldi e i disavanzi. Ovviamente il legislatore può approvare quel che vuole approvare. Certo è che in mancanza di un rendiconto il disavanzo è presunto e quindi il bilancio di previsione del 2021 si fonda su dati che non hanno certezza”. La discussione sul Bilancio, però, ha fatto spazio alla promessa dei ristori, con cui Musumeci e Armao – per via amministrativa – sperano di garantire liquidità alle imprese in sofferenza: 250 milioni a valere su fondi strutturali, ma solo dopo aver avuto il via libera dal Ministero della Coesione. Guardare alla sopravvivenza di oggi è più facile che riflettere sulla vita di domani. In bocca al lupo.