Le chiamavano ‘asinerie’. Si sono moltiplicate fino a diventare una valanga. Di cui è investito il governo Musumeci, e di riflesso il parlamento siciliano. La formula è la seguente: Palermo propone, Roma boccia.
E’ accaduto – addirittura – con la legge sul riconoscimento della Dieta mediterranea. Badate bene: uno di quei provvedimenti che non migliorerà di un’unghia il benessere dei siciliani. Una di quelle leggine che l’Ars approva a cuor leggero, ‘tanto che succederà mai?’. E invece no: il Consiglio dei Ministri, inflessibile, ha deciso di impugnare la norma perché “talune disposizioni, eccedendo dalle competenze attribuite alla Regione siciliana dallo Statuto (…) e ponendosi in contrasto con la normativa statale, violano l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione, relativamente alla copertura finanziaria”. Poco male: la proposta in oggetto sarebbe servita “non soltanto per lo sviluppo di percorsi sinergici tra enogastronomia, oleoturismo, agricoltura e turismo in genere, ma soprattutto per evidenziare il ruolo centrale della Sicilia nel Mediterraneo”. Cioè?
Il rigore dell’esecutivo, spesso, è pari alla povertà delle proposte. Il governo Musumeci, non avendo tradotto in fatti le riforme promesse della vigilia (tranne una: quella urbanistica), si aggrappa a leggine di Serie B per riempire gli opuscoli. Ma spesso accade che le proposte di palazzo d’Orleans, filtrate dall’Ars, vengano rispedite indietro. La deputata del M5s, Gianina Ciancio, ha calcolato che nel 2021 la Regione s’è fatta impugnare 16 leggi su 35 emanate (il 45% circa). Tra queste anche alcune di un certo peso: a partire dall’articolo 36 della Finanziaria 2021, che avrebbe garantito la stabilizzazione a 4.500 Asu dopo venticinque anni di precariato. Macché. Roma ha stoppato anche quella (oggi la questione si trascina stancamente verso una soluzione che l’assessore Scavone e il Ministro Orlando non hanno ancora individuato). Così come la versione 2.0 del condono edilizio proposto da Musumeci, per gli edifici ricadenti in aree a vincolo relativo, che secondo i Cinque Stelle “avrebbe consentito agli immobili totalmente abusivi, costruiti in aree di valore paesaggistico, di potere rimanere esattamente dove sono”. Anche altre disposizioni in materia di edilizia e urbanistica, alcune recenti, hanno ricevuto l’alt di Palazzo Chigi.
A un certo punto, visibilmente in imbarazzo, il presidente dell’Ars Micciché aveva alzato la soglia d’attenzione: “Non mi tiro indietro di fronte alle mie responsabilità, ma ultimamente s’è innescato uno strano meccanismo che non sono più disposto a tollerare – disse a ottobre 2021 -. Spesso in commissione votano il testo finale di una legge senza averlo davanti… Vi comunico formalmente che non accetterò più disegni di legge che contengono dubbi di costituzionalità”. Le cose non sono migliorate e i difetti di comunicazione tra governo e parlamento si sono palesate anche nel 2022. Quando, per esempio, il Consiglio dei Ministri ha impugnato un paio di norme inserite nella legge sull’esercizio provvisorio (senza causare, tuttavia, refluenze di natura finanziaria): la prima riguardava l’avvio delle procedure per il concorso dei Forestali (stroncata, fra l’altro, per la seconda volta); la seconda, invece, la stabilizzazione dei lavoratori ex Aras. “Quando il governo, di fronte alla richiesta di chiarimenti da parte dell’Assemblea su alcuni articoli, ci dice di stare tranquilli, cosa dovremmo fare – ha sbottato Micciché a proposito della legge sui forestali -. Ci avevano garantito che il governo nazionale era d’accordo. Non era vero, o magari si sono confusi”.
Il carnet delle impugnative è davvero ricchissimo e andrebbe aggiornato di continuo. “In questa legislatura (prima della Dieta mediterranea) ci sono state 38 leggi impugnate su 129, con una percentuale di impugnative del 29,45% – diceva la Ciancio a margine del suo studio -. Neanche sotto il governo Crocetta si era arrivati a tanto: nella legislatura precedente, le leggi impugnate sono state 24 su 133 (18,04%)”. Nel 2021 il Consiglio dei Ministri ha respinto persino la legge (meritoria) su accoglienza e inclusione, “eccedendo dalle competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo Statuto speciale di autonomia in materia di diritto di asilo e accoglienza”; quella sull’agroecologia; e persino un contributo straordinario ai lavoratori della Sas (valido come ricompensa Covid). Quest’anno, in cui all’Ars si è legiferato meno, oltre alla Dieta mediterranea hanno preso di mira l’“Istituzione e disciplina del Registro regionale telematico dei Comuni e dei relativi prodotti a denominazione comunale De.Co.”, in quanto “talune disposizioni, ponendosi in contrasto con la normativa europea in materia di tutela delle Indicazioni Geografiche dei prodotti agroalimentari, violano l’articolo 117, primo comma, della Costituzione”. L’Ars, in attesa della Consulta, è diventato il cimitero delle leggi insepolte.