Ebbene sì, i Tuttolomondo ci riprovano. Dopo essere fuggiti dal linciaggio di Palermo e dei suoi tifosi, per aver preso l’U.S. Città di Palermo e averlo fatto fallire e radiare dal calcio che conta, i facoltosi proprietari di Arkus Network – quelli della fidejussione bulgara e dei conti in regola, che la notte dell’esclusione dal campionato di Serie B decretata dalla Covisoc si dicevano “tranquilli”, mentre i fan più agitati facevano esplodere i primi bomboni fuori dallo stadio – ecco quelli lì, vorrebbero mettere le mani sul Catania, la seconda realtà calcistica siciliana. Che da prima di Natale ha aperto una crisi senza fine, invitando i calciatori migliori e far le valigie e passare all’incasso. Il Catania in questo momento è un club in difficoltà, che però non ha bisogno – non ancora – di un curatore fallimentare. C’è un comitato, presieduto da Fabio Pagliara, che sta raccogliendo le adesioni a una manifestazione d’interesse (i Tuttolomondo, invece, hanno tentato l’approccio diretto con Finaria, la holding che controlla il club etneo): fin qui sono arrivati i nominativi di undici società, che oltre a presentare una lista di garanzie bancarie, dovranno dare prova della propria solidità economica. Pulvirenti, storico patron del club etneo che ha già portato al fallimento la compagnia aerea Windjet, ha voglia di disfarsi della sua dispendiosa creatura, che in campo continua ad annaspare. Affidarla alle cure dei Tuttolomondo, che a Palermo avevano promesso mari e monti, compreso un investimento immediato da trenta milioni, e che illusero i tifosi dicendo di non lasciare nemmeno in caso di Serie C, è una prospettiva che andrebbe analizzata per bene. Senza prenderla sotto gamba. Più che una prospettiva, infatti, pare una minaccia.
Paolo Mandarà
in La lettera scarlatta
Con la faccia di cuoio come il pallone
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