La crisi del Movimento 5 Stelle vista da Palermo risponde sì alle logiche dei rimborsi – sarebbero dodici i parlamentari nazionale eletti nell’Isola “sotto esame” dei probiviri – ma anche della faida interna. E pur in assenza di certezze, è chiaro che l’elezione di Angela Foti a vice-presidente dell’Ars abbia scompaginato l’armonia interna al gruppo del M5s. Venti deputati che, dopo l’addio di Giancarlo Cancelleri, giocano un po’ meno di squadra. Da qualche giorno il nuovo capogruppo è il priolese Giorgio Pasqua, che, come da regolamento interno, ha preso il posto di Francesco Cappello. Il quale, a sua volta, sperava di chiudere il 2019 con maggiore letizia. E invece no: sotto lo striscione del traguardo è stato beffato da Angela Foti, eletta con 31 voti (a 28) vicepresidente dell’assemblea. Quelli del Movimento giurano di entrarci nulla: i voti dei parlamentari Cinque Stelle, più i sette del Pd e quello di Edy Tamajo (Italia Viva), avrebbero garantito il quorum di 28 a Cappello. Ma due deputati della maggioranza (i centristi Pullara e Compagnone) hanno giurato di aver votato per lo stesso candidato. Segno che nei banchi dell’opposizione si nascondono almeno un paio di “franchi tiratori” che hanno disatteso indicazioni e promesse. Tra i principali indiziati, ma è tutto un giochino utile a dividere, ci sono Tancredi, Palmeri e Schillaci. Fioccano – ovviamente – le smentite.
Così la Foti si ritrova vice-presidente dell’Assemblea, anche se qualcuno già preme per farla dimettere e arrivare a una nuova votazione. La Sicilia era stata teatro, qualche settimana fa, della polemica fra l’europarlamentare, ed ex Iena, Dino Giarrusso, e il vice-ministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, col primo che imputava al secondo, durante una riunione con alcuni militanti, un errore di metodo: non ci si può dimettere – è il concetto in soldoni – da un ruolo elettivo per essere nominato nell’esecutivo nazionale. E giù nuove polemiche, con Cancelleri che invitava il collega a mettere da parte l’astio e giocare per l’unità. Anche se è storia assai nota, e lo ha dimostrata l’ultima campagna elettorale per le Europee, che la Iena Giarrusso non fosse esattamente uno di casa in Sicilia: tutti i deputati regionali, o quasi, si schierarono dalla parte di Ignazio Corrao, l’europarlamentare uscente di Alcamo. Un altro che non le manda a dire, e più di una volta si è posto su posizioni di rottura (come il voto contrario alla commissione Von der Leyen, assieme a pochi altri colleghi del Movimento).
Al momento la Sicilia sembra sfuggire alla logica della spaccatura in corso fra Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, entrato in tackle sul leader politico dopo l’espulsione del senatore Gianluigi Paragone. Che da par suo minaccia azioni civili contro la decisione del collegio dei probiviri. Ma anche il tema delle restituzioni è un fronte caldo. Tra i dodici siciliani non in regola ci sono il turbolento Mario Giarrusso, di Catania, che non ha ancora restituito un euro da inizio legislatura (anzi, ha detto di aver accantonato i soldi per pagarci i suoi processi) e la ministra Nunzia Catalfo (l’ultimo assegno, da duemila euro, risale al giugno scorso). Lo stesso Giarrusso, da sempre molto critico nei confronti di Di Maio, ha rincarato la dose in un’intervista al Giornale di Sicilia, in cui ha spiegato che “il tema dei rimborsi non c’entra nulla con le fuoriuscite dal Movimento” perché “è normale che ci sia sempre stato qualcuno in ritardo per un motivo o per un altro”. Ma piuttosto “la verità è che c’è un malessere diffuso per la gestione del Movimento” e in particolare “per la debolezza rispetto al Pd. Ora siamo minoranza in Consiglio dei Ministri e abbiamo meno ministri di quanti ne avevamo con la Lega”. E ancora, “siamo debolissimi nei confronti di un partito debolissimo” e, ciò nonostante, “la leadership si arrocca sulle macerie”.
Eppure, in questo momento disastroso, la Sicilia è l’unico granaio di voti dei Cinque Stelle che vanta una certa rappresentatività nel governo Conte 2. Oltre al vice-ministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, ci sono tre ministri: Alfonso Bonafede, fresco di riforma della prescrizione, alla Giustizia; la catanese Nunzia Catalfo al Lavoro e la siracusana Lucia Azzolina all’Istruzione (appena nominata al posto del dimissionario Lorenzo Fioramonti). Un patrimonio da non disperdere. Anche se l’unico ministro ad essere entrato davvero nelle dinamiche siciliane, e aver tessuto una trama col governo regionale (pur ardimentosa), sembra fin qui il piddino Giuseppe Provenzano. Gli altri devono lasciare un’impronta: la Sicilia ha dato tanto al M5s alle urne, ma spera anche di ricevere qualcosa in cambio.
LA NOTA DEL M5S SICILIA
“Nessuna spaccatura, gruppo compatto, immutato impegno e sconti per nessuno”. Il gruppo parlamentare M5S all’Ars smentisce fantasiose interpretazioni sulla elezione di Angela Foti alla vicepresidenza di palazzo dei Normanni.
“Il gruppo M5S – affermano i deputati – ha votato, per Francesco Cappello. I voti per Angela Foti, non è un segreto, sono arrivati dalla maggioranza. La solidità del gruppo è fuori discussione. Il gruppo parlamentare continuerà, unito, come ha fatto finora, senza sconti per nessuno, nel suo lavoro al servizio dei siciliani tutti”. Angela Foti nell’accettare l’incarico ricevuto, mette in guardia governo e maggioranza che hanno provato a dividere il gruppo senza riuscirci, in quanto anche da vice presidente non allenterà affatto l’azione di opposizione esercitata sino a questo momento insieme a tutto il gruppo parlamentare. “Se il governo della Regione e la variopinta maggioranza pensavano di fare uno sgambetto al Movimento 5 Stelle o di ingraziarsi il singolo deputato – afferma la Foti – hanno preso davvero una bella cantonata“.