Un miliardo per il Ponte sullo Stretto si trova: il presidente Renato Schifani ha già “opzionato” la nuova programmazione comunitaria per co-finanziare l’opera fortemente voluta dal Ministro Salvini. Ma non è solo questo: nella Regione che non teme nulla, tanto meno la congiuntura economica (tra caro materiali e rincari energetici), si fanno spazio altri investimenti di una certa levatura, sperando non si tratti della solita fuffa: a partire dagli 846 milioni per finanziare il Piano idrico predisposto dall’assessorato all’Agricoltura, che prevede la realizzazione di 28 interventi legati al tema della sicurezza nel settore. Senza dimenticare il miliardo che, a meno di clamorosi intoppi, dovrebbe rivestire d’oro la sanità regionale. Non inganni l’azione asfittica del governo, incapace di varare una riforma: i soldi arriveranno con la pala e toccheranno punti nevralgici per lo sviluppo dell’Isola.
Finora, però, è tutto un pour parler. A cominciare dal famoso Ponte: Salvini e Schifani ne discutono mediamente una volta a settimana (a Roma). I cantieri dovrebbero aprire entro il 2024 e, almeno in teoria, i lavori dovrebbero concludersi entro 6 o 7 anni. E nonostante qualcuno faccia notare che lo stanziamento previsto dal governo in Legge dui Bilancio sarà risibile rispetto all’interezza del finanziamento (circa 12 miliardi), la Sicilia ha deciso di dare manforte fin dall’inizio. Come? Manifestando la propria “disponibilità a investire oltre un miliardo di euro per cofinanziare l’opera”, come stabilito recentemente dalla giunta. “L’investimento consentirà alla Sicilia di compartecipare, con una quota del 10 per cento, alla costruzione dell’infrastruttura che collegherà l’Isola alla Calabria”. E’ tutto più facile coi soldi altrui. La Regione, infatti, dovrebbe con un miliardo di euro provenienti da risorse della nuova programmazione del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) 2021-2027, e con ulteriori 200 milioni frutto di economie relative a risorse nazionali per il ciclo 2014-2020 non ancora spese.
Su questo punto, però, montano le perplessità. Per i grillini Sunseri e Damante, infatti, Schifani “ha pensato bene di destinare al Ponte sullo Stretto 1 miliardo dei 6,6 del Fsc 21/27. Ricordiamo che la Sicilia ha già pagato l’inefficienza dell’ex governatore Musumeci, con la perdita di un miliardo non speso, e quindi tornato a Roma, dei fondi del Fondo sviluppo e coesione 14-20. E adesso con questo decreto, il centrodestra di governo e Schifani dimostrano ogni giorno di preferire la propaganda sul Ponte dello Stretto al benessere dei cittadini siciliani”. In effetti, prima di far partire un miliardo – ovviamente ‘distratto’ ad altri possibili investimenti – a Palermo dovranno fare i conti con le restituzioni di fine anno. Quelle sì, testimonianza di una drammatica realtà. Mentre il Ponte era e resta tuttora un bel sogno da concretizzare, anche se a crederci non sono rimasti in tanti.
Fra le mega spese paventate dalla Regione, in uscita, c’è quella per il Piano idrico, che prevede interventi sulla rete per oltre 846 milioni di euro. Il progetto predisposto dall’assessore Luca Sammartino, è stato inviato al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti per essere approvato e inserito all’interno del Piano nazionale. Nel complesso si tratta di 28 interventi di natura infrastrutturale e legati al tema della sicurezza nel settore idrico, da avviare in tutta la Sicilia. Il Consorzio di Bonifica Sicilia Occidentale ha proposto 8 interventi, per un importo complessivo di 247 milioni. Il Consorzio di Bonifica Sicilia Orientale cinque, con una spesa stimata di 193 milioni. Il dipartimento dell’Acqua e dei rifiuti è fermo a dodici, per un totale di 294.223.805 euro. E infine Siciliacque con tre interventi, per un importo complessivo di 110.984.719 euro.
Finora le spese previste. Ma anche in entrata, da perfetto contraltare, la Regione ha previsto un bel gruzzolo. Ad esempio sulla sanità. Gli ardori di Schifani, però, si sono un po’ raffreddati dalla mattina del 17 ottobre scorso, quando a margine della firma del protocollo di legalità per la progettazione e la realizzazione del nuovo ospedale di Polo oncoematologico – Palermo Nord, annunciava buone nuove: “Se il ministero della Salute dovesse condividere la nuova programmazione, a Palermo arriveranno fondi per circa 1 miliardo”, disse il governatore. Infarcendo il discorso di risorse già impegnate: “Abbiamo 340 milioni che sono stati impegnati dal governo per la realizzazione del nuovo Policlinico e altrettanti per il Civico. Con il rettore Midiri e con i vertici del Civico abbiamo condiviso l’opportunità di splittare le due forme di finanziamento per non appesantire la tipologia d’intervento e per andare più velocemente avendo diversa autonomia. Abbiamo riesumato la vicenda del Cemi, il Polo pediatrico abbandonato. Era in macerie, abbiamo fatto aggiornare i progetti che sono stati consegnati, ora siamo in fase di rilascio delle autorizzazioni e abbiamo impegnato 160 milioni per completarlo. Questo è nella nostra richiesta al Ministero”. Che a stretto giro dovrebbe rispondere: sì o no. Poi ci sarebbe un’altra questione, non secondaria: come facciamo a fare funzionare questi ospedali nuovi e ultratecnologici – solo nel nuovo Polo pediatrico sono previsti 200 posti letto e un Punto di primo soccorso – data l’attuale carenza di personale sanitario? Si vedrà.
In attesa di sfoderare grandi numeri anche per i termovalorizzatori – c’è in ballo un altro miliardo ma, andando avanti con il project financing, saranno i costruttori a sborsare i quattrini e ad incassare dalla gestione – ci sono altri numeri da verificare. In primi quelli che derivano dal nuovo Accordo Stato-Regione che, con la complicità di Giorgetti e in cambio di un impegno da parte della Regione a ripianare il disavanzo, mette in circolo nuova liquidità. Forse. “L’intesa – ha spiegato Schifani a Live Sicilia – progressivamente riallineerà il dato della compartecipazione alla spesa sanitaria nazionale ai livelli di un tempo. Lo Stato ci riconoscerà ogni anno un trasferimento progressivamente maggiore, che nel 2030 arriverà a 630 milioni di euro. Sono risorse che utilizzeremo per lo sviluppo. Per il 2024 sono previsti 350 milioni, parte dei quali finiranno proprio nelle misure antincendio della nuova legge di stabilità”.
La Finanziaria è un giochino a parte, dove tuttora non c’è accordo nemmeno in giunta (tanto da far slittare il via libera). Poi bisognerà trovarne uno all’Ars, con l’unica moneta di scambio possibile: le mance. Ovvero l’altra faccia della spesa. Più miserevole, ma molto più realistica di certa fuffa.