E poi c’è lei, Santa Maria della Memoria e delle Cerimonie, la sorella di Giovanni Falcone. Per quasi un anno i duri e puri dell’antimafia hanno guardato in cagnesco Roberto Lagalla, sindaco di Palermo. Gli hanno contestato – anche con accenti ruvidi, acidi, rasposi – di non avere preso sufficientemente le distanze, durante la scalata a Palazzo delle Aquile, dall’endorsement di Totò Cuffaro e di Marcello Dell’Utri, i due esponenti politici condannati, incarcerati e mascariati a vita per i loro maleodoranti rapporti con Cosa Nostra. Ma ieri è stata finalmente celebrata la festa del perdono. Maria Falcone è salita al Municipio e, dopo un lungo e cordiale colloquio con Lagalla, ha accettato che i fotografi immortalassero il momento della pacificazione.
Tutto cancellato. Il sindaco parteciperà, il prossimo 23 maggio, all’annuale ricordo della strage di Capaci. Non solo. Contribuirà, d’intesa con lei, la sorella di Giovanni, il giudice massacrato dalla mafia, a mettere a punto il programma della commemorazione. Non ci saranno più né i malintesi né le diffidenze che l’anno scorso hanno appannato l’imponente e maestosa cerimonia per il trentennale dell’attentato. E sarà definitivamente rimossa, dagli archivi e soprattutto dal cuore dell’antimafia, l’imbarazzante immagine della sedia che Lagalla lasciò vuota, otto mesi fa al Foro Italico, proprio per evitare che le polemiche, accese sulla sua campagna elettorale, turbassero la sacralità di quella giornata.
Santa Maria della Memoria, della buona memoria, salva e redime. Ieri, sempre “nel nome di Giovanni”, ha compiuto pure il miracolo. Lagalla rientra a pieno titolo nel mondo dei giusti.