Donald Trump è, a tutti gli effetti, il Number One della politica italiana. La sua presenza è ossessiva, ne siamo fagocitati. Qualunque cosa pensi o dica il tycoon, rimbalza da noi come principale notizia. Siamo costantemente informati delle sue gesta, se ne discute in ufficio, a casa, dal parrucchiere, ovunque. Il che del resto appare scontato considerando le mosse spesso azzardate, certo imprevedibili e sempre spettacolari, come tali destinate a calamitare l’attenzione mondiale. Speranze e paure sparse a piene mani. Sommiamo lo shock dei dazi, i crolli di borsa, la guerra commerciale con Europa e Cina, gli interventi a gamba tesa sull’Ucraina, i resort promessi nella Striscia di Gaza, la mano tesa agli ayatollah, l’interesse americano fatto valere come non eravamo abituati. E aggiungiamo, ciliegina sulla torta, il ruolo conferito a Trump dai suoi follower italici, in particolare dalla premier.

Giorgia ha collocato The Donald al cuore delle mire internazionali, facendo di tutto per incontrarlo a Mar-a-Lago, per rivederlo a Washington, per conquistarne le simpatie con l’aiuto dell’altro sodale ultramiliardario Elon Musk, per diventare l’emissaria europea dell’amministrazione Usa scavalcando tutti in trumpismo: missione compiuta a quanto pare. Meloni è salita prontamente sul carro del vincitore, ormai fa parte del suo clan. Col risultato che il presidente Usa è ospite fisso non retribuito del talkshow politico quotidiano, il protagonista più onnipresente e ingombrante del teatrino nazionale dai tempi di Silvio Berlusconi. Talmente fuori scala la sua invadenza che (restando alla cronaca) perfino il sagrato di San Pietro è diventato un palcoscenico e l’incontro di un quarto d’ora con Volodymyr Zelensky, complice la premier, ha quasi oscurato le esequie di Papa Francesco. Continua su Huffington Post