Com’è debole Forza Italia

Salvo Pogliese, eletto da poco sindaco di Catania, affronta il dissesto finanziario della città. Al suo fianco Silvio Berlusconi

L’ultima arriva da Catania. Dove Salvo Pogliese, dopo aver stravinto le elezioni doppiando un Enzo Bianco con le ruote ormai sgonfie, si ritrova ora per le mani un Comune in dissesto. Neanche il tempo di terminare i festeggiamenti per le elezioni. Brutta rogna per Forza Italia, quel partito che era grande e quasi invincibile, e che oggi sembra quasi diventato il partito del “mai una gioia”. Mentre i sondaggi premiano oltremodo il tandem populista che governa a Roma e che ha mandato all’opposizione i berlusconiani, i forzisti dell’Isola scoloriscono come il resto del movimento che nacque sognando il Nuovo Miracolo Italiano e che oggi cerca appunto un miracolo per non finire stritolato. Anche se dentro il partito, pure qua in Sicilia, notabili e maggiorenti trovano il tempo per beccarsi a vicenda, anche se sotto voce e sotto traccia, come i capponi di Renzo.

Forza Italia c’è, resiste, e ancora acchiappa voti, le amministrative recenti lo hanno confermato. Ma il sol dell’avvenire all’orizzonte non si vede e il clima da traversata nel deserto nell’anno primo dell’era giallo-verde c’è tutto. Gianfranco Miccichè, con tutti i grattacapi che la poltrona di presidente dell’Ars comporta in questa complicata legislatura, deve dedicarsi al dopolavoro da commissario del partito. E pare che lo farà ancora per un pezzo. Ad altri toccherà aspettare. Ma chi potrebbe avere tutta questa fretta di prendere per la mano Forza Italia di questi tempi? E sì, i berluscones stanno al governo con Musumeci, certo, ma i gangli strategici della macchina amministrativa, Sanità in primis, stanno in altre mani. Certo, c’è l’Economia affidata a Gaetano Armao, che un anno fa di questi tempi sembrava l’Eletto, il Prescelto dal Cav in persona, e che ancora però si industria a fare il sicilianista con un suo movimento dello zero virgola, quando non svolge il ruolo preminente di bersaglio fisso dei siluri grillini, che tifano perché Musumeci lo accompagni alla porta. La via che porta alla leadership sembra alquanto impervia per l’avvocato che stregò Arcore senza avere neppure un voto, tanto che il pettegolezzo di Palazzo ripreso dalla stampa gli attribuisce tra i desiderata un trasloco nel più comodo domicilio di Bruxelles, anche se pare che un posto in lista alle Europee per lui, ancora una volta (ricordate il listino alle Regionali?) non si trovi.

Per il resto, la squadra forzista al governo della Regione sconta una certa mancanza di visibilità. Malgrado il lavoro oscuro che negli assessorati non manca. Mai una gioia, appunto. Anche alle urne, dove certo, alle comunali di giugno, male non è andata. Ma non c’è stato neanche il tempo di esultare per Pogliese che sono arrivate le sberle dello scatenato Cateno a Messina e la sconfitta cocente di Reale a Siracusa. Scivoloni dolorosi. E poi c’è l’Ars, dove il cammino del gruppo ha conosciuto grane non da poco, sia nelle dinamiche interne si nei rapporti con gli alleati. Sullo fondo, resta sempre lo spettro delle sirene leghiste che potrebbero tentare qualche navigante non saldamente legato all’albero maestro. E così tutto concorre ad avvolgere il partito di un invisibile alone di malinconia. Tra il rimpianto dei tempi che furono e l’inquietudine per quelli che saranno.

Enrico Ciuni :

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