Il blocco dell’attività amministrativa seguita alle dimissioni di Nello Musumeci (per consentire ai siciliani di votare per Politiche e Regionali il 25 settembre) porta con sé alcuni strascichi. La Regione, infatti, non ha ancora erogato ai sindaci i soldi per pagare i precari e il personale stabilizzato, che si traduce nel ritardo – da parte dei Comuni – nel versamento degli stipendi. Manca il bollino verde su una delibera che l’assessorato all’Economia ha già inviato in bozza, il 4 agosto, ai rappresentanti della giunta. Giunta che, dalle dimissioni del governatore, si è riunita poche volte: mai, però, per dare l’ok a una delibera che vale, complessivamente, 150 milioni, dei quali la metà sarebbe dovuta transitare nelle casse degli enti locali entro l’inizio dell’estate.
Come racconta il Giornale di Sicilia, da una decina d’anni la Regione eroga ai comuni un budget (coprendo l’80% dei costi necessari al personale) per garantire l’uscita dal precariato agli ex Lsu, di cui una buona parte ha avuto accesso al posto fisso. Nel 2022, a causa dei ritardi per l’approvazione della Finanziaria (legati all’accordo di finanza pubblica fra Stato e Regione) tutto è slittato in avanti di qualche mese, comprese le variazioni di Bilancio, approvate a fine luglio, pochi giorni prima delle dimissioni di Musumeci. Lungaggini che hanno comportato una situazione stagnante, coi comuni che, letteralmente, spalancano le braccia. “La responsabilità non è nostra”.
Anche l’assessorato alla Funzione pubblica, retto da Marco Zambuto, in questi giorni ha chiesto alla giunta di approvare in fretta il rifinanziamento del cosiddetto “Fondo per garantire i percorsi di stabilizzazione e le misure di fuoriuscita dei soggetti titolari di contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 27/2016”, che per altro prevede un extrabudget, per l’anno in corso, di 150 mila euro. Il Movimento Giovani Lavoratori (sigla sindacale associata al Csa) è sul piede di guerra: “Non ci interessa di chi siano le responsabilità. E non ci interessa neppure che governo e parlamento siano in ordinaria amministrazione per via delle elezioni anticipate. Ciò che preme è che siano erogate al più presto ai sindaci le somme per pagare i nostri stipendi”.
Ma la questione dei pagamenti continua a riguardare anche le imprese, così Nello Musumeci è tornato a farsi sentire con una diffida ai dirigenti: “Bisogna rimuovere ogni ostacolo per completare il riaccertamento dei residui attivi al 31 dicembre 2021, consentendo così lo sblocco definitivo della spesa e la predisposizione da parte della Ragioneria generale, nel più breve tempo possibile, del rendiconto generale 2021”, scrive Musumeci in una nota ai capi dipartimento, segnalando i gravi ritardi nei pagamenti delle fatture, da parte dei diversi rami dell’amministrazione regionale, nei confronti delle imprese affidatarie di lavori e servizi pubblici. Ritardi che a loro volta influiscono sui pagamenti ai dipendenti e ai fornitori, compromettendo, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza delle imprese.
“I lamentati ritardi, da parte anche delle relative associazioni, risultano essere, per la presidenza della Regione, conseguenza della mancata definizione, nei tempi previsti dalle circolari e dalla istruzioni impartite, degli adempimenti finalizzati al riaccertamento ordinario dei residui al 31 dicembre scorso, con il conseguente blocco o ritardo, a diversi mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario, di una parte rilevante della spesa avviata negli esercizi precedenti. La mancata approvazione entro il 30 giugno scorso del rendiconto generale ha determinato l’applicazione delle sanzioni previste dal regolamento di contabilità e, in particolare, l’impossibilità di utilizzare l’avanzo vincolato, con il conseguente blocco anche della spesa”. Nella nota si evidenzia, inoltre, che è stato già avviato il percorso per il necessario accertamento delle responsabilità dirigenziali.
Palazzo Chigi chiede di impugnare l’intera Finanziaria
“Il Governo Musumeci, anche negli ultimissimi giorni del proprio mandato, riesce a confermare la catastrofe che ha rappresentato per la Sicilia in questi cinque anni: il Consiglio dei Ministri ha impugnato l’intera legge Finanziaria regionale chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale”. Lo scrive in una nota il deputato regionale del Pd (ricandidato all’Ars), Nello Dipasquale, che parla di “un fatto gravissimo che causa enormi danni e segue la decisione di appena un mese fa, sempre da parte del Consiglio dei Ministri, di impugnare altre norme contenute nello strumento regionale di Bilancio. Il Governo Musumeci, a luglio, si era difeso sostenendo che si trattava di aspetti assolutamente marginali che non avrebbero avuto effetto sugli equilibri di bilancio della Regione. Avevano talmente torto che il Consiglio dei Ministri si è trovato a dover impugnare l’intera legge. È del tutto evidente che il Governo Musumeci, fino alla fine, ha dato prova di totale incapacità, sotto ogni profilo, e questo per fortuna è l’ultimo misfatto”.
A luglio il Consiglio dei Ministri aveva impugnato 28 norme della Legge di Stabilità, anche se Gaetano Armao, attuale assessore al Bilancio (e candidato alla presidenza della Regione col Terzo Polo) aveva sminuito come al solito: “La gran parte delle norme impugnate non sono di iniziativa governativa e comunque non determinano alcun effetto sugli equilibri di bilancio della Regione, né tanto meno nell’esame del disegno di legge di variazioni di bilancio che immette nuove risorse finanziarie per quasi 900 milioni di euro”, aveva detto il vice di Musumeci. Quattro giorni dopo, però, l’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del presidente del Consiglio Mario Draghi, ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale “per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’intera legge della Regione siciliana 25 maggio 2022, n.13 (…) in quanto priva di adeguata copertura finanziaria” e, in ogni caso, ha confermato la richiesta di impugnativa di alcuni articoli “in quanto eccedono dalla competenze riservate alla Regione siciliana dallo statuto di Autonomia e violano numerose norme e principi costituzionali”.
Il detonatore è rappresentato dal comma 5 dell’articolo 18. Tale articolo, si legge nelle motivazioni dell’Avvocatura, “ridetermina in diminuzione, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2022 al 2038, l’importo dell’autorizzazione di spesa della Missione 20, Programma 3, capitolo 215754, relativo al Fondo per garantire i percorsi di stabilizzazione, che si riduce, pertanto, a 184.682 migliaia di euro. La relativa riduzione di spesa risulta tra le fonti di copertura degli oneri discendenti dalla legge in esame. Tuttavia, i risparmi di spesa discendenti dalla norma in esame sono destinati alla realizzazione del piano decennale di rientro del disavanzo e, in quanto tali, non sono disponibili per altre finalità o diversi utilizzi, rendendo di fatto privi di copertura finanziaria gli oneri indicati nel prospetto allegato e determinando l’evidente violazione dei principi costituzionali “. “I segnalati profili di incostituzionalità connessi alla inidoneità della copertura finanziaria investono conseguentemente l’intera legge regionale”.
Ennesima tegola, quindi, sull’operato di Armao e Musumeci (ormai a fine corsa) che hanno ancora qualche giorno di tempo per resistere di fronte alla Consulta. L’assessore all’Economia, che qualche giorno fa ha inaugurato la propria campagna elettorale con Calenda, dovrà dare conto e ragione di questi risultati soprattutto ai siciliani, che nell’ultimo sondaggio Tecnè lo accreditano in una forbice fra il 3 e il 5%. Assai distante dal resto della compagnia.