Una parola chiara sui termovalorizzatori l’ha detta: “Restano una soluzione non praticabile”. S’è pronunciata un po’ tardi la Chinnici, quando i 5 Stelle avevano già preso altre strade. Ma alla luce di queste dichiarazioni, e dell’esclusione dalle liste dei cosiddetti ‘impresentabili’, è sempre più difficile spiegare la rottura fra i due partiti che costituivano l’asse portante del campo progressista. La difficoltà a comiziare insieme o contro (a secondo che si trattasse di Politiche o Regionali) e il nome della Chinnici sotto il simbolo del Partito Democratico, hanno fatto saltare il banco (così come la ricerca del M5s di qualche decimale in più). Ma non è detto – dopo aver perso le elezioni? – che i due partiti non riuniscano le forze in parlamento, trovandosi all’opposizione di Schifani. Uno che i termovalorizzatori li vuole fare. Con convinzione. Ha già spiegato che ne sorgerà uno anche a Palermo (anziché a Gela), raccogliendo la disponibilità del sindaco Lagalla a realizzarlo nell’area di Bellolampo, già investita dalla presenza di una discarica più che satura.
La Chinnici no. Ammiccando ai Cinque Stelle e a qualche associazione ambientalista, nel suo programma viene data “priorità assoluta agli impianti di recupero della materia, privilegiando l’intervento pubblico per quelli relativi alla frazione umida (che rappresenta la percentuale più significativa della raccolta differenziata) ed offrendo percorsi celeri alle imprese che vogliono investire nelle piattaforme di recupero degli altri materiali”. Inoltre, secondo la Chinnici, “occorre ridurre al minino la frazione residua indifferenziata, in ossequio ai limiti imposti dalle nuove Direttive europee e garantire per essa il trattamento che restituisca il minore impatto ambientale possibile e il massimo recupero in termini di prodotti reimpiegabili nel mercato”.
Il piano regionale dei rifiuti, che in questi anni è stato contestato persino dalla commissione europea, “deve garantire la prossimità degli impianti di trattamento privilegiando quelli più vicini al luogo di produzione del rifiuto, per ridurre al minimo la movimentazione degli stessi”. Questo eviterebbe ai costi (di trasporto e conferimento) di lievitare. Ma c’è anche la soluzione per l’emergenza di breve periodo, che vede i comuni in crisi (mancano le discariche dove conferire). Cioè: istituire un fondo nel bilancio regionale a sostegno degli enti locali per le spese che dovranno affrontare legate ai costi straordinari del periodo emergenziale. Gli inceneritori no: non è aria. Come conferma il 5 stelle Giampiero Trizzino, avvocato ambientalista, e uno dei più critici riguardo alla rottura tra il MoVimento e il Pd: “La politica ambientale sui rifiuti di Lagalla e Schifani è ormai tracciata: continuare nel solco degli inceneritori voluti da Musumeci. Addirittura ipotizzandone uno sopra la testa dei palermitani, come se non bastasse in una discarica (quella di Bellolampo) con ben sei vasche sature e percolato che scorre sotto le falde acquifere”.
Nonostante Musumeci l’abbia reso un argomento da campagna elettorale, il bando per la loro realizzazione non è mai arrivato a destinazione. Si è incagliato nella burocrazia e nelle resistenze delle associazioni ambientaliste. Nel contempo, però, non si intravede alcuna soluzione alternativa alle discariche (ormai esauste). Per la Chinnici bisognerà prima individuare “un programma di dismissione delle stesse con date certe anche per i tempi di bonifica dei luoghi in cui insistono”. Nel frattempo i rifiuti restano in Sicilia, spesso sul ciglio delle strade; o al massimo vengono trasportati fuori regione, con costi di conferimento che i sindaci non riescono più a sostenere (l’Anci è sul piede di guerra). L’unico modo per evitare l’interruzione di pubblico servizio è recuperare gli evasori e gli elusori della tassa sui rifiuti. Anche se il provvedimento più facile e impopolare è provvedere all’aumento in bolletta per chi la Tari la paga già. Regolarmente. Un cul-de-sac da cui è impossibile tirarsi fuori.
La Chinnici ha il vantaggio di non partire favorita. Di poter individuare situazioni poco impattanti, senza doverne rendere conto in futuro. Sta giocando una partita in difesa su tutti i fronti – la cosa stranizza – pur dovendo recuperare nei sondaggi. L’ultimo, pubblicato oggi dal Corriere della Sera, la dà in scia a De Luca nelle intenzioni di voto (col 22,1%). Mentre la coalizione di sinistra, addirittura, sarebbe dietro i Cinque Stelle con un risibile 17,3%. Questo, forse, è anche il frutto di una campagna elettorale che al netto dei termovalorizzatori avrebbe preteso – oltre al profilo cauto e istituzionale della candidata – una presa di posizione forte su altri temi. Questi giorni avrebbero offerto alla Chinnici l’opportunità di denunziare l’operato del governo sulle nomine: ma nessun cronista, taccuino alla mano, ha raccolto l’indignazione sulla gestione del Corecom o dell’Ast, l’azienda siciliana dei trasporti che, nonostante il divieto, è stata affidata a un fedelissimo dell’assessore Armao (il suo ex capo di gabinetto). O sulle mille peripezie che hanno investito la gestione dei bilanci e delle società partecipate, le pecche della sanità, le spese pazze, gli intrighi di potere, gli scandali sommersi (come quello dell’Ente minerario).
Al netto dei toni e degli argomenti, la Chinnici continua a mancare nel rapporto con gli alleati. La ricucitura di Letta nei rapporti con Claudio Fava, facilitata da un intervento successivo del segretario Barbagallo, non cancella un malessere di fondo, che il leader dei Centopassi ha accennato più volte nelle sue interviste (“Siamo leali, non minchioni”, s’è spinto a dire dopo il mancato invito alla convention di lunedì scorso a Palermo). Compreso l’ultimo intervento a Repubblica: “Sembra che non ci siano avversari. Abbiamo un candidato della destra coinvolto in una delle vicende giudiziarie più opache (il processo Montante, ndr) della recente storia siciliana, magari qualcosa da dire ci sarebbe. Assistiamo ai colpi di coda di questo governo, l’ultimo riguarda il responsabile del Corecom, qualcosa da dire ci sarebbe. Fare campagna elettorale con algido senso istituzionale è un conto – ha ribadito l’ex presidente della commissione Antimafia -, non raccontare che quelli scappano con la cassa è altra cosa. Io credo che cittadini ed elettori abbiano il diritto di sapere. E noi abbiamo il dovere di raccontarlo”. La Chinnici pure, ma per il momento se ne guarda bene.