Il Partito Democratico in Umbria non ha vinto, ma stravinto. E ha iniziato a farlo nel corso di una campagna elettorale dove è riuscito a occuparsi di temi che trascendessero il politichese: ha parlato di casa e, soprattutto, di sanità pubblica. Forse il Pd siciliano avrebbe bisogno della medesima cura rigenerante: invece è lì, che farfuglia, in attesa del prossimo giro di mance. Di certo non mancherebbero le questioni di cui parlare e da cui partire: vi dice niente la siccità? Il tema di un’estate, all’improvviso, è sparito dall’agenda di governo; rimane confinato nelle smunte cabine di regia che avrebbero la facoltà di calendarizzare tutta una serie di interventi d’indirizzo politico che però non si vedono (ne è prova il tentativo di Schifani di delegare le soluzioni al commissario nazionale per l’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua).

Anche le opposizioni hanno ammainato la bandiera. Al netto dell’insistenza di Davide Faraone e dei renziani, che però non siedono all’Assemblea regionale, gli altri si annacano sull’attualità – lo scandalo dei contributi culturali a enti e associazioni amiche del politico di turno – e dimenticano le macro emergenze che avvolgono questa terra, ridotta a un rantolo d’aiuto. Già, la siccità. L’ultima nota di colore è giunta dai cinque comuni che dipendono in maniera esclusiva dalla diga Ancipa, i quali continuano a chiedere il distacco degli impianti che portano a Enna, Caltanissetta e Calascibetta (doveva avvenire il 15 novembre, ma è slittato). Una guerra fra poveri che, a sentire il sindaco di Troina, potrebbe dar vita a problemi di ordine pubblico, dal momento che nella sua città le scorte sono razionatissime e l’acqua viene distribuita una volta a settimana.

Ieri la cabina di regia per l’emergenza idrica ha confermato il Piano di distacco graduale dei Comuni del Nisseno e dell’Ennese ancora alimentati dal Lago Ancipa. La riduzione dei prelievi dovrebbe assicurare il mantenimento del volume di riserva di circa 400 mila metri cubi che dai prossimi giorni saranno utilizzati per l’alimentazione di Nicosia, Sperlinga, Troina, Gagliano e Cerami. La situazione è comunque disperata. L’acqua piovuta sull’Isola nelle scorse settimane ha provocato caos e disagi sul fronte ionico, specie nella zona del Catanese. Ma gli invasi si trovano da tutt’altra parte. L’entroterra siciliano sta diventando un deserto, in senso letterale. Il Movimento dei territori maggiormente colpiti dalla crisi idrica, ha lanciato l’allarme: “Continuando con l’attuale livello d’erogazione le riserve saranno completamente esaurite entro le prossime due settimane e fino a fine novembre non è prevista alcuna pioggia. Vi chiediamo di intervenire immediatamente, per evitare che il servizio venga interrotto e si debba ricorrere alle autobotti”. Con conseguenze nefaste. A Nicosia, ad esempio, il ricorso alle autobotti è complicato “poiché la gran parte delle abitazioni si trova in quartieri storici, caratterizzati da vie anguste e ripidi saliscendi. Non riusciamo neanche lontanamente ad accettare che le nostre comunità debbano ricorrere al rifornimento d’acqua mediante punti di approvvigionamento”.

Non ci sono segnali nemmeno sul fronte delle riparazioni. Il governo nazionale, con la dichiarazione dello stato d’emergenza, aveva investito venti milioni. Ma gli unici interventi segnalati all’opinione pubblica, di recente, riguardano il collegamento del nuovo campo pozzi di contrada Sanguisughe, in territorio di Polizzi Generosa, con l’acquedotto Madonie Est: “La nuova fonte sarà inizialmente destinata alla città di Caltanissetta alla quale verrà garantita, stante il distacco dall’invaso Ancipa, una fornitura di 30 litri al secondo d’acqua”, spiega una nota di Siciliacque. Successivamente la nuova fonte sarà condivisa con la stessa Polizzi Generosa e con gli altri centri del Palermitano e del Nisseno serviti dall’acquedotto Madonie Est.

Il problema, in senso estensivo, è che non si intravedono soluzioni per scongiurare il blackout anche la prossima estate. Persino i dissalatori mobili – una soluzione di per sé temporanea, in attesa della riattivazione degli impianti di Gela, Trapani e Porto Empedocle – verranno installati non prima di giugno e potrebbero dissalare dai 10 ai 40 litri al secondo. Per avere un termine di paragone – come scrive Repubblica – “la sola città di Palermo ha un fabbisogno di 2500 litri al secondo”. I conti non tornano, nonostante il plauso di Schifani: “Desidero rivolgere il plauso del mio governo alla cabina di regia nazionale e al commissario Dell’Acqua per aver accolto la mia proposta di voler accelerare le procedure necessarie a restituire ai siciliani impianti indispensabili per garantire in modo continuo adeguate forniture idriche, ancora più urgenti in considerazione dei cambiamenti climatici che ci costringono a fare i conti con lunghi periodi di siccità ed esaurimento delle scorte d’acqua”.

Accelerare? “Un’emergenza di questo tipo – ha detto l’on. Angelo Cambiano, del M5s – poteva essere affrontata con soluzioni immediate e con la disponibilità di quanto era già disponibile sul mercato, cioè moduli di dissalazione per i quali, come previsto dal decreto siccità, non sono previste procedure di assoggettamento Via Vas, visto che producono meno di 200 litri al secondo. Il governo su questo fronte è stato sostanzialmente a dormire, nonostante io, per accelerare le operazioni, avessi portato alla Protezione civile i preventivi di questi impianti che prevedevano anche tempi di consegna strettissimi di 4, 6 settimane”.

L’iter prevede di ripristinare, attraverso procedure d’urgenza, i tre dissalatori dismessi da oltre dieci anni e installare tre moduli temporanei entro giugno, che saranno successivamente inglobati negli impianti definitivi, così da raggiungere una fornitura di 500-600 litri al secondo. Le opere strutturali di presa a mare saranno realizzate in modo da consentire un aumento della produzione fino al 50%, fino a circa 900 litri d’acqua al secondo, si legge nella nota di Palazzo d’Orleans. Ma prima di vedere il sistema a regime passeranno anni: e la siccità difficilmente si attenuerà. Il dipartimento della Protezione civile aveva preso in considerazione anche un piano-B: utilizzare gli impianti di dissalazione sulle navi da crociera, che solitamente rendono potabile l’acqua per i passeggeri. Al momento, però, non se n’è fatto nulla.

In ogni caso, non si potrebbe parlare di una soluzione vera e propria. Semmai, di una mossa disperata. E la cosa più grave è che nessuno dei settanta deputati, durante una qualsiasi seduta all’Ars, alzi la manina e sollevi il problema. “La gestione dell’emergenza idrica – ha scritto in una nota il Movimento 5 Stelle – è stata disastrosa, caratterizzata da un’assoluta mancanza di chiarezza e un continuo rimpallo di competenze tra Protezione civile, assessorato all’Energia, commissario nazionale e cabina di regia”. Soluzioni?

Lasciare la gente senz’acqua è inimmaginabile, eppure sta succedendo. E non c’entrano i soldi. Nell’ultimo collegato alla Finanziaria, sono stati previsti corposi interventi, a partire dai ⁠13 milioni per modernizzare e rilanciare le reti irrigue, allo scopo di “ridare efficienza e ridurre perdite e costi”. Nello specifico, spiegava l’assessore all’Agricoltura Barbagallo, i Consorzi di bonifica potranno contare su 1,5 milioni per progettare gli interventi e 11,5 milioni per manutenzione straordinaria di reti e impianti. Lo stesso Schifani parlava di uno stanziamento da 65 milioni di euro, “incrementando inoltre di 20 milioni di euro i capitoli di spesa relativi agli interventi di protezione civile per le calamità”. Al netto delle risorse finanziarie, presenti e future, perché la situazione peggiora ogni giorno? Perché nessuno riesce a imporre una nuova agenda al governo, prendendo le distanze dagli inutili giochini a favore di questo o quel territorio, puntando le fiches sulle questioni più dirimenti? Perché il governo non si rimette a governare e l’opposizione non sfrutta l’assist per tornare, semplicemente, a fare l’opposizione?