Una partita destinata ad un pareggio quella tra Yannis Kokkos ed Emma Dante impegnati nella magica cornice del Teatro greco di Siracusa con Edipo a Colono di Sofocle e Eracle di Euripide? A vederla dal numero numeroso degli spettatori così sembrerebbe, ma a Siracusa, la cavea del teatro greco è un rito vincente da sempre: basterebbe anche un sol uomo che allo scoccare della mezzanotte accendesse un fiammifero al centro dell’Orchestra e tutti si precipiterebbero a vederlo. Perciò i numeri – che per fortuna ci sono – non possono farci leggere quanto di più il pubblico gradisca l’una o l’altra delle tragedie del 54° Ciclo delle Rappresentazioni Classiche per l’occasione rinominato con piglio modernista dal Direttore artistico Roberto Andò Festival del Teatro Greco.
Pertanto la sfida è sul movimento di opinione che a Siracusa esiste da sempre: tra addetti ai lavori, tra maestranze, tra il pubblico che sceglie di vedere di seguito le due serate. E il responso sembrerebbe far pendere il pomo della discordia verso il greco Kokkos. E questo non perché con la nuova dicitura data alla manifestazione, che faceva presagire una rassegna di teatro proveniente dalla Grecia, il pubblico sia stato consolato dalla presenza almeno di un Greco nell’agone degli Hypocrites, ma perché Edipo ha convinto di più nella sua lineare semplicità. Serpeggia infatti infida un domanda senza risposta per l’Eracle femminino di Emma Dante: perché in Euripide dovrebbe essere plausibile virare gli interpreti al femminile quanto lo sarebbe, per esempio, per l’Orestea di Eschilo? Alla domanda non si registra risposta, se non quella spietata e crudele di uno spettatore romano: perché è il teatro del ‘famolo strano’!