Chi non trova lavoro all’altro

Ex sportellisti durante una manifestazione di protesta a Palermo. In questi giorni replicheranno anche a Roma

Potremmo chiamarla la nuova frontiera dei navigator. O, per non scomodare la Regina, la folta platea dei disoccupati (o inoccupati) che vuole tornare in pista per cercare un lavoro. Agli altri, però. Sono giorni roventi per gli ex sportellisti – in totale fanno 1.800 – che in queste ore riprendono la protesta a Palermo, in via Trinacria, e a Roma (da mercoledì) perché vogliono garanzie: sono candidati ufficialmente a ricoprire l’incarico di “navigator”, la nuova figura prevista dal Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, nei centri per l’impiego – che intanto andrebbero rafforzati con nuove assunzioni – per svolgere attività di tutoraggio per tutti coloro che hanno richiesto il reddito di cittadinanza. E che, oltre a ricevere il sussidio, dovranno richiedere agli addetti, i “navigator” appunto, di incrociare domanda e offerta di lavoro. Alla terza rinuncia, addio reddito. Sì, sembra una roba confusionaria, ma il dato è uno: c’è sempre più gente che ha voglia di lavorare al solo scopo di cercare lavoro agli altri. Legittimo. Ma un po’ inflazionato.

Stando a un’inchiesta pubblicata da “Repubblica”, emerge che in Italia gli addetti alla formazione pubblica siano 40 mila. Uno ogni 150 disoccupati, che in Italia hanno varcato la soglia dei sei milioni. Numeri spaventosi, considerato il fatto che – ad esempio – i centri per l’impiego riescano a trovare un lavoro soltanto al 2% di coloro che si dichiarano disponibili a lavorare. In Sicilia il dato è ovviamente inflazionato: nei Cpi, che non vantano software all’altezza e risultano sempre più snobbati dalle aziende, lavorano in 1.500 (millecinquecento). Su una platea nazionale di 8.180 dipendenti, un dato che supera il 18%.

Al di là di questa anomalia, fa impressione sapere che i 600 posti da navigator – ma potrebbero essere dimezzati dato che, alla conferenza Stato-regioni, è stato deciso che in totale saranno 3 mila – siano contesi da una platea di 1.800 ex sportellisti che un tempo (e, soprattutto, con un contratto a tempo) si occupavano di formazione, fin quando i posti erano finanziati da fondi comunitari. Finiti i fondi, tutti a casa. Poi c’è il settore della Formazione in senso ampio: grazie ai corsi riattivati dall’assessore regionale Roberto Lagalla, e ai nuovi avvisi sulla formazione professionale, in 2.500 (rispetto ai potenziali 8 mila iscritti all’albo della Formazione) sono tornati abili.  Ne restano a spasso più di tremila – alcuni hanno cambiato lavoro, altri sono andati in pensione, altri ancora sono passati a miglior vita – che, stando a Lagalla, potrebbero andare verso il pre-pensionamento o esiliare in altri settori della pubblica amministrazione, Regione permettendo.

Gli ex sportellisti, rimasti fuori da tutto, sperano di avere una chance grazie al reddito di cittadinanza. Vorrebbero fare i navigator anche se, stando alle prime indicazioni del Ministero, sussistono due criticità. La prima è che i navigator dovrebbero possedere titoli di studio specifici (ad esempio la laurea) e solo il 20% degli ex sportellisti ne è in possesso; la seconda, di non poco conto, è che la selezione di questo personale dovrebbe spettare all’Anpal, una società satellite del Ministero, e non alla Regione. Anche se in questi giorni la proposta, già sposata dal nuovo assessore Antonio Scavone, è finita sui tavoli romani. E ieri lo Stato ha accordato alle Regioni la possibilità di definire le modalità attuative del loro utilizzo. A proposito, si tratterrebbe di contratti biennali. Nel frattempo gli ex sportellisti hanno organizzato una protesta che muoverà questa mattina da Palermo: lotteranno per prendersi quello che gli spetta. E che le competenze maturate nell’ambito della formazione, dovrebbe effettivamente garantirgli.

La nutrita schiera del trova-lavoro-agli-altri, che va sempre aggiornata come si fa con gli album delle figurine Panini, ha registrato qualche tempo fa la defezione dei 40 dipendenti di Lavoro Sicilia, una partecipata della Regione, che sono stati comunque salvati dall’Ente e assunti (beati loro).  Ma non è una pratica soltanto siciliana: Calabria Lavoro, un’agenzia che si occupa di politiche attive del lavoro, ha una dotazione organica di 324 dipendenti, e assegna oltre 600 incarichi di consulenza, a fronte di una Regione in cui lavora soltanto il 40% della popolazione attiva (rispetto al 58% nazionale); mentre i dipendenti di Aspal, l’agenzia per il lavoro sarda, sono passati da 85 a 627 nel giro di due anni. Di materia prima ce n’è tanta, in Sicilia come altrove; le competenze, non mancano, anche se forse andrebbero perfezionate e rese al passo coi tempi. Ma davvero a questa massa di precari, o inoccupati (come nel caso degli ex sportellisti siciliani) è necessario aggiungere 6mila navigator su scala nazionale? Non sarebbe meglio prima fare un po’ di ordine?

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