Più Musumeci e meno Miccichè. Se la battaglia fra le massime istituzioni della Regione si combattesse sui social, il governatore siciliano avrebbe già vinto a mani basse (per numero di seguaci innanzi tutto: 90 mila contro 12 mila). Ma l’influenza del coordinatore regionale di Forza Italia si pesa soprattutto all’Ars, da direttore dei lavori del parlamento siciliano. Una carica che lo assorbe a tal punto – parole sue – che un giorno, forse, sarebbe meglio lasciare il partito nelle mani di qualcun altro. Quel momento non è ancora arrivato, ma nel frattempo le preferenze di Micciché (più Assemblea e meno Forza Italia) in chiave social rischiano di diventare un limite. Perché l’uomo di Berlusconi in Sicilia, che per provocazioni, “sparate” e analisi controcorrente è secondo a pochi, è imprigionato anch’egli nella comunicazione istituzionale. Nei comunicati, nei tentativi di mettere la pace e stemperare le tensioni, nella rassegna stampa che si cuoce a fuoco lento. Immaginate per un attimo se avesse dato del “cogl…” a Salvini in diretta Facebook: boatos.
Ma il presidente dell’Ars non aspira a fare l’influencer, bensì politica. Anche se qualche settimana fa, per uscire dall’angolo e mandare k.o. Giletti, ha postato su Facebook la sua giornata-tipo: un esperimento riuscito. Lo hanno ribattezzato “Un giorno con il presidente” e ha raccolto oltre 25 mila visualizzazioni. Un po’ meno dei 40 mila contatti realizzati con la replica – pacata nei toni, ma decisa nel linguaggio – alle “panzane” di Non è l’arena, la trasmissione di La 7 che lo ha inseguito sul pianerottolo di casa. Ma per ritrovare un po’ più spesso Gianfranco Micciché sui social, basta rivolgersi ai numerosi profili dei deputati del Movimento 5 Stelle, che su questa storia dei vitalizi lo hanno bersagliato di continuo. Fino a giovedì scorso, il giorno dopo l’approvazione del taglio: in uno dei numerosi meme esibiti dal profilo ufficiale del Movimento siciliano, appaiono Micciché e Musumeci intenti a confabulare qualcosa. Secondo i grillini, parlano del mini-taglio da applicare alle pensioni degli ex parlamentari, che loro avrebbero preferito sforbiciare in maniera più netta, al 30%.
I pentastellati hanno costruito la loro fortuna grazie alla rete. E’ grazie a essa se sono riusciti a raggiungere un gran numero di italiani, prima, e di siciliani, poi (alle ultime Politiche quasi il 50%, nell’Isola, ha votato per loro). E’ grazie al web che Giancarlo Cancelleri, nel 2017, è andato a un passo dal vincere le elezioni, con quella capacità di mostrarsi “umano fra gli umani”, con le visite nei tabacchi, nei ristoranti e persino a casa della gente durante la campagna elettorale. Ma la propaganda social dei 5 Stelle è imponente anche adesso: il canale ufficiale “pompa” le iniziative e i disegni di legge presentati dal gruppo dell’Ars, ma soprattutto alimenta il fuego dell’antipolitica.
Alla vecchia maniera, insomma. Soffiando sul fuoco dell’indignazione, che in Sicilia come altrove si rivolge alla vecchia classe dirigente: tutti colpevoli indistintamente, dal centrodestra al Pd (che pure sarebbe un alleato a Sala d’Ercole). I grillini ci sanno fare con le grafiche e con le dirette Facebook (che oggi per la verità appartengono più a Salvini che a Di Maio): ne hanno architettato una sui vitalizi, in cui quasi o tutti i deputati hanno preso la parola, a partire dal leader Francesco Cappello. E trovano ispirazione, di frequente, nella politica nazionale. La visita di un ministro è vissuta come un evento, la consacrazione di un impegno, una promessa mantenuta. Come tutti: fanno vedere il buono che c’è in loro, e il peggio che c’è negli altri. Non è la “bestia” di Morisi, ma una macchina ben oleata che raggiunge quotidianamente 286 mila contatti.
All’interno dell’assemblea l’utilizzo di Facebook non è smodato. Il Pd ne fa un uso parsimonioso: fra i più attivi l’ex sindaco di Ragusa Nello Dipasquale. Poi c’è Antonello Cracolici, che utilizza poche parole ma ben circostanziate. Meno loquace che in aula, dove la vis politica esplode in tutta la sua forza. Mentre il capogruppo Giuseppe Lupo tende più a evidenziare il contatto coi territori e la vita di partito, nonostante le polemiche sempre arroventate e la scissione di Matteo Renzi. Italia Viva in Sicilia non ha ancora una connotazione chiara, ma su Facebook spinge di brutto. E’ lo specchio dell’abilità dialettica e politica di Davide Faraone, che di recente è immerso nelle attività del Senato (è capogruppo), ma la cui presenza sui social è tambureggiante: su una scala Salvini, da 1 a 10, Faraone si merita un bel 7. Prende in giro la Lega, non risparmia il Movimento 5 Stelle, difende Renzi, e fa trasparire una spiccata sensibilità su disabilità e i migranti. Qualche mese fa, da segretario regionale del Pd, aveva cominciato un tour per la Sicilia in lungo e in largo: indagò da ottimo cronista sullo stato di abbandono dei beni culturali e archeologici, passando per le criticità delle ex discariche mai bonificate. Arrivò a produrre quasi 24 ore di diretta per la marcia sulla Ragusa-Catania, una strada che attende di diventare “super” ormai da un decennio. L’attivismo smodato di Faraone, che trova sui social una sintesi perfetta, non piacque ai vecchi compagni del Pd, che lo accusavano di protagonismo.
Ma se parliamo di attivismo politico, una menzione speciale – per la statuetta di miglior attore non protagonista – merita Vincenzo Figuccia, per 40 giorni assessore all’Energia, prima di tornare deputato semplice (dell’Udc). Al di là degli innumerevoli interventi sulle questioni social più disparate – dagli ex sportellisti della formazione, ai lavoratori dei consorzi di bonifica – Figuccia ha ideato un paio di format di grande modernità e impatto: il primo è “Dillo a Figuccia”, una sorta di web tv dove gli assistenti del parlamentare lo seguono nel corso delle sue campagne e della sua attività istituzionale, lo intervistano assieme agli altri protagonisti, e sviluppano temi che non sempre a Sala d’Ercole trovano spazio; e la seconda è “Mancia comu parri”, dove l’onorevole, in veste di reporter, sponsorizza le aziende del posto e invita i follower a mangiare sano e mangiare siciliano. Un’iniziativa presentata lo scorso marzo all’Ars (e divenuta un brand).
Ma il principe dei social è un altro centrista, che l’Ars l’ha lasciata da qualche mese per diventare sindaco di Messina. Si tratta di Cateno De Luca, un arringatore di folle. La vita di un sindaco borderline, scandita da una fitta agenda mattutina – pubblicata per esteso – che non lascia spazio a dubbi: questo De Luca è uno che non si ferma mai. Ha praticamente oscurato il comune di Messina, perché è egli stesso Messina. Alle lunghe riunioni per il Bilancio o con le aziende partecipate (la parte più appiccicosa della giornata), seguono i blitz, alcuni memorabili, talvolta alle prime luci dell’alba, per scovare le malefatte. L’altro giorno ha fatto irruzione negli uffici di palazzo Zanca: bisognava recuperare un documento all’interno di un armadio guasto, e si è presentato lì col piede di porco (che per fortuna non ha usato). Trovate spontanee ed eccessi costruiti a tavolino, a cui il popolo dei “fedeli” (circa 66 mila like sulla pagina) non può più rinunciare. E poi foto, ispezioni, sopralluoghi. De Luca genera assuefazione. Come i social, d’altronde.