Di tutto e di più: il divo della musica neomelodica e la vedova del boss di camorra, il cocchio trainato da quattro cavalli bianchi come quello delle favole e l’abito da sposa da sogno, e poi trombettisti, alabardieri, trampolieri, comparse chissà perché in abiti ottocenteschi, lo storico maniero angioino sul golfo di Napoli a fare da «splendida cornice» alla cerimonia, l’eccesso trash con gli sposi «lieti di festeggiare» nel castello dei ricevimenti del «boss dei matrimoni», famoso per essere stato il set di un reality tv. A corollario c’è l’indignazione che tanto, poi, a che serve se il fremito legalitario dura solo l’attimo necessario per far slittare a nuova data un convegno sulle vittime innocenti del crimine organizzato, previsto proprio la stessa mattina nella stessa solenne cornice dell’evento nuziale («meglio evitare incontri imbarazzanti») e di imprecare contro una città in ostaggio del traffico dalla periferia al centro? Benvenuti alle nozze di Tony Colombo e Tina Rispoli. Celebrate – quasi un segno del destino – giusto alla vigilia del debutto della quarta serie di Gomorra su Sky.
Storia d’amore, musica, sangue e tradimenti, veri o presunti, sull’asse Palermo-Napoli, storia di serenate per le quali Mergellina è ormai vecchia oleografia ed è più suggestiva una periferia cementizia illuminata da fuochi d’artificio, storia di vecchi codici d’onore sotto il vestito di nuovi paradigmi familiari.
Personaggi e interpreti. Lui, trentaduenne cantante palermitano che da ragazzino Mario Merola gratifica di un duetto. E’ solo l’inizio: bella voce, bella presenza e vai con il neomelodico. Diventa l’idolo delle teen-ager panormite prima e d’oltre provincia poi. Riempie teatri e velodromi. Vende dischi a manetta. Ci marcia col sex appeal, finge sornione un atteggiamento da single ma in realtà è sposato con Luana, figlia del suo discografico, ed è orgoglioso pluripapà. Ad un certo punto, con famiglia appresso, fa rotta verso Napoli in cerca di un più sostanzioso successo. Quella scelta gli dà ragione anche se i fans palermitani si incazzano assai per il «tradimento» e perché lui, tempo qualche mese, parla già con un’inflessione manco fosse in una commedia di Eduardo.
Lei è Tina Ruspoli, anni 43, due figli, vedova Marino, dove Marino sta per Gaetano, ucciso sette anni fa a Terracina in riva al mare con 11 colpi di pistola, uomo affiliato al clan degli “Scissionisti”, quello che Saviano raffigura in Gomorra come Rosario ’o nano anche se nella vita reale Marino era detto ’o moncherino perché una bomba gli aveva fatto saltare entrambe le mani. Donna bella e volitiva, Tina, si capisce, anche se quel volitiva nasconde il pregiudizio stantio della “lei” più grande di “lui”.
L’amore fra i due viene ufficializzato da un video “galeotto” postato da lui su Youtube. E da quel giorno la storia assume sempre più connotati social. Seguono infatti altri filmati (alcuni di lunghezza estenuante, location di intimità domestica tipo soggiorno-cucina) tutti mirati a spiegare ai fans di lui (ormai divisi tra le due capitali del Regno delle due Sicilie) che Tony e Tina non sono mai stati “amanti”, che la storia è nata solo dopo che il ménage con Luana era ormai arrivato al capolinea, nonostante fosse stato appena sfornato un nuovo marmocchio, perché non sia mai che uno possa “sbroccare” così, di punto in bianco, intaccando la reputazione della famiglia e dell’ex consorte in particolare. Momenti di excusatio non petita degni di un trattato socioantropologico.
Per fortuna altri video meno “moralisti” rinfrancano lo spirito con performance di taglio spettacolar-sensazionalistico. La clip di Ti porto all’altare – hit della nostra neomelostar – con una serenata che si trasforma in uno scatenamento collettivo sotto casa di lei o la richiesta di matrimonio live davanti ai fans, tra una canzone e l’altra di un concerto al Palapartenope (con tanto d’anello) insomma un coinvolgimento globale dove, come accade ormai spesso, non capisci mai in fondo se la vita vera sia la stessa di quella che posti quando schiacci il “condividi”.
Ieri, con gran clamore, è accaduto, virtuale e reale si sono sovrapposti – un sogno per alcuni, un incubo per altri – in quel corteo che sciamava dalle sguarnite strade di Secondigliano verso le bellezze architettoniche di piazza Plebiscito. In un mix di marketing da un lato e di tenace strafottenza dall’altro. Tutto così finto, così eccessivo, così trash o kitsch da sembrare vero. In secondo piano, e in sordina, sfumato e balbettante, il nostro solito indignato stupore.